E’ ben noto che esistono cariche elettriche isolate, ma non esistono cariche magnetiche isolate. E’ noto inoltre che due cariche di segno opposto, vincolate in una certa configurazione, danno luogo ad un dipolo elettrico, caratterizzato da un certo momento di dipolo elettrico.
A differenza di quanto visto nel caso isolato, esistono anche i dipoli magnetici.
A questo proposito consideriamo una singola particella carica che, da un punto di vista microscopico, secondo la visione classica, può essere considerata come una sfera dotata di una certa massa m e di una carica q distribuita sulla sua superficie; questa sferetta è dotata di un moto di rivoluzione attorno al proprio asse e descrive un’orbita circolare. In virtù della carica che essa possiede e del suo movimento sull’orbita circolare si può associare ad essa un dipolo magnetico orbitale; in virtù della massa che essa possiede e della rotazione attorno al suo asse, si può associare ad essa un dipolo magnetico di spin.
Al dipolo magnetico orbitale è associato un momento magnetico µ perpendicolare al piano di rotazione (fig.1); al dipolo magnetico di spin è associato un momento magnetico di spin K (o momento magnetico angolare intrinseco) parallelo all’asse di rotazione (fig.2).
I due momenti sono paralleli e, da considerazioni di meccanica quantistica, risultano legati dalla relazione:
µ = yK (1)
dove la costante di proporzionalità y prende il nome di rapporto giromagnetico ed è espresso da
y = ge/2mc (2)
con
m = massa dell’elettrone
e = carica dell’elettrone
g = "fattore g", costante universale che per un elettrone isolato vale 2.00232.
Pur avendo definito i momenti magnetici secondo la visione classica, introducendo l’equazione (1), abbiamo comunque fatto riferimento alla visione quantistica.
L’effetto dell’applicazione di un campo magnetico statico su una particella può essere trattato sia secondo la visione classica che secondo quella quantistica.
Trattazione classica
Consideriamo la particella carica dotata di un momento magnetico µ e di un momento angolare K, immersa in un campo magnetico statico Ho, che supponiamo diretto secondo l’asse z del sistema di riferimento di fig.3. Per effetto del campo magnetico statico Ho, il momento magnetico acquista un’energia potenziale data da
E = - µ . Bo (3)
ed è sottoposto ad un momento torcente T dato da
T = µo µxHo (4)
che tende ad allineare l’asse di rotazione della particella con la direzione del campo applicato
Il momento torcente T è anche legato alla variazione della quantità di moto secondo l’equazione (seconda equazione cardinale):
T = dK / dt (5)
Eguagliando le due ultime equazioni e considerando la (1) si ha:
µo y µ x Ho = dµ / dt (6)
Tale equazione descrive un moto di precessione (precessione di Larmor): il momento magnetico ruota uniformemente intorno ad Ho con una velocità angolare wo data da
wo = Boy
e quindi proporzionale al campo magnetico statico applicato.
Quindi i momenti magnetici delle singole unità tendono ad allinearsi con il campo, o meglio iniziano un moto di precessione attorno ad un asse diretto con il campo. Questo moto mantiene costante l’energia E; infatti moltiplicando ambo i membri della (6) scalarmente per Bo si ottiene
Trattazione quantistica
Secondo la visione quantistica il momento angolare K si può scrivere
K = hI (8)
dove h = h / 2p è la costante di Planck normalizzata, e I può considerarsi come l’indice di spin della particella che può assumere valori interi o seminteri.
L’equazione (8) stabilisce quindi che il momento angolare K può assumere solo valori multipli interi o seminteri della costante di Planck normalizzata.
In particolare, sempre con riferimento alla figura 3, la componente di K diretta lungo l’asse z può assumere solo due valori dati da
Kz = ½ h Kz = - ½ h
risultando quindi dalla (2)
I = +- ½ (9)
La (1) diventa quindi
µ z = y h I (10)
Essendo inoltre
E = -µ z Bo (11)
risulta che, sia le componenti scalari del momento magnetico sia l’energia che compete al momento magnetico sono quantizzate.
Per le (9) (10) e (11) i livelli energetici consentiti ai momenti magnetici sono 2, separati da un salto di energia data da
DE = yh Ho (12)
A livello microscopico quindi l’effetto del campo magnetico statico esterno è duplice: tende ad allineare i momenti magnetici nella direzione del campo e introduce due livelli di energia .
L’ allineamento può avvenire quindi o nella stessa direzione e lo stesso verso del campo o nella stessa direzione e verso opposto. Queste due diverse orientazioni corrispondono ai due diversi livelli di energia: all’orientazione parallela (stabile) corrisponde infatti il livello di energia minore rispetto all’orientazione antiparallela (instabile).
In base a queste considerazioni energetiche quindi, la precessione può avvenire sia parallelamente ad Ho che antiparallelamente (fig.4a).
Passiamo ora dal microscopico al macroscopico cioè consideriamo atomi o molecole.
Il numero di protoni/elettroni in un atomo o una molecola può essere pari o dispari. Se è pari i singoli momenti magnetici dei protoni e degli elettroni, essendo in egual numero ma diretti in versi opposti, si compensano tra di loro, e non vi sarà un momento magnetico associato alla molecola. Se è dispari invece si avrà un momento magnetico risultante non nullo.
Se consideriamo un materiale composto da atomi o molecole a cui è possibile associare un momento magnetico, in condizioni normali questi sono diretti in tutte le direzioni: quindi i momenti magnetici si compensano e il momento magnetico totale risultante è nullo.
La situazione è diversa se applichiamo un campo magnetico statico al materiale le cui molecole siano dotate di effettivo momento magnetico (numero di protoni/elettroni dispari): il campo agirà sui momenti magnetici dei singoli atomi o molecole inducendo in ognuno un moto di precessione attorno ad un asse nella direzione del campo stesso.
Poiché all’orientazione parallela corrisponde il livello di energia più basso il numero di momenti magnetici orientati parallelamente è leggermente maggiore di quelli orientati antiparallelamente (fig.4a): i momenti magnetici orientati antiparallelamente sono tutti compensati dagli opposti momenti magnetici orientati parallelamente. Ciò che rimane quindi sono un certo numero di momenti magnetici orientati parallelamente, in moto di precessione (fig.4b).
Consideriamo ora le proiezioni di ciascun momento magnetico di fig.4b sul piano xy e sull’asse z: mentre sul piano xy si può supporre una completa compensazione di tali proiezioni, essendo dirette in tutte le direzioni, ciò non si può dire per la direzione z, nel senso che in tale direzione (che è quella del campo magnetico applicato), le proiezioni dei momenti magnetici si sommano (fig.5).
Al livello macroscopico quindi l’effetto del campo magnetico statico è quello di avere creato nel materiale un vettore magnetico nella direzione del campo magnetico stesso detto vettore di magnetizzazione (visione classica).
In termini energetici si può dire che l’effetto del campo magnetico esterno statico è quello di creare all’interno del materiale un salto di energia DE proporzionale all’intensità del campo stesso (visione quantistica). La relazione che lega DE a Ho è:
DE = Ho g ß (13)
dove g è ancora il "fattore g " che però ha un valore diverso da quello per l’elettrone isolato, e ß è il magnetone di Bohr dato da:
L’applicazione di un campo magnetico statico su un materiale, dal punto di vista microscopico, induce nei momenti magnetici un moto di precessione parallelo o antiparallelo.
Dal punto di vista macroscopico si ha la somma vettoriale di tutti i momenti magnetici allineati dal campo e quindi l’induzione di un vettore di magnetizzazione nel materiale.
La presenza del campo può essere inoltre interpretata in termini energetici come la presenza di un salto di energia nel materiale. I due aspetti sono in realtà strettamente connessi perché l’intensità del vettore di magnetizzazione dipende dal numero di momenti magnetici orientati parallelamente rispetto a quelli orientati antiparallelamente (figg 4a e 4b).
Considerando inoltre che è :
DE = hf (15)
si può concludere dicendo che l’applicazione di Ho ha creato un sistema risonante all’interno del materiale a cui applichiamo il campo, e in cui vi sono molecole dotate di effettivo momento magnetico.
Più precisamente si è passati dalla frequenza di precessione dei singoli momenti magnetici alla frequenza di risonanza dell’intero sistema (materiale).
Si tratta effettivamente di un sistema risonante nel senso che se si invia un segnale a radiofrequenza sul sistema, con frequenza f tale che
f = DE / h (16)
si può avere un assorbimento della radiazione che fa compiere al sistema, o meglio ai momenti magnetici delle molecole che lo compongono, una transizione dal livello inferiore di energia al livello superiore.
Se ad un certo istante si cessa la radiazione, il sistema ritornerà allo stato di equilibrio effettuando la transizione inversa che dà luogo ad emissione di una radiazione alla stessa frequenza della radiazione assorbita (cioè della frequenza di risonanza del sistema). Infatti dire che la frequenza della radiazione che si invia deve rispettare la (7) significa dire che la radiazione deve avere la stessa frequenza di risonanza del sistema affinché possa cedere energia al sistema stesso, energia che può quindi essere utilizzata per compiere una transizione.
Le differenze tra le due tecniche in esame sono essenzialmente due: in primo luogo mentre l’NMR misura l’emissione del campo da parte di un tessuto biologico dopo aver inviato su di esso una radiazione a radiofrequenza, l’ESR misura l’assorbimento di un tessuto biologico a cui si invia una radiazione; in secondo luogo, l’NMR sfrutta la risonanza associata al moto di precessione del momento magnetico si spin dei neutroni o protoni, e l’ESR sfrutta quella associata al momento magnetico si spin degli elettroni.
Per entrambe le tecniche si può dare una spiegazione elettromagnetica classica (momento magnetico rotante) e una spiegazione quantistica.
Per comprendere il meccanismo dell’NMR è più conveniente fare riferimento alla trattazione classica, cioè considerare l’effetto del campo magnetico statico con la presenza del vettore di magnetizzazione nel materiale, e capire come questo si comporta quando inviamo un segnale a RF.