2. MOTIVAZIONI E CONSIDERAZIONI
Molti autori ( Yasuda, 1953-1957; Bassett e Becker, 1962; Shamos, 1963; Cochran, 1968; Anderson e Eriksson, 1970 ) hanno dimostrato che un osso lungo, sottoposto ad un’azione deformante ( ad esempio alla flessione ), forma cariche elettrostatiche positive sulla superficie convessa, zona di tensione, e negative sulla superficie concava, zona di compressione ( fig. 2 ).
Fig. 2 - Disposizione delle cariche elettrostasiche in un femore sottoposto a flessione.
Conseguentemente si ha un riassorbimento di osso dalla parte in tensione
ed un’apposizione dalla parte in compressione. Successivamente Shamos e
Levine ( 1967 ), e Fukada ( 1968 ), dimostrarono che tutti i tessuti biologici
sottoposti a trazione sviluppano cariche elettrostatiche.
D'altronde è noto che una pseudoartrosi di un osso lungo guarisce
più facilmente se posta in compressione.
È come se le cariche indotte segnalino la necessità di apposizione
di tessuto osseo. Si è pensato quindi che un segnale elettrico simile
a quello naturale, possa sostituirsi ad esso in tale segnalazione, in modo
da avere lo stesso effetto di una compressione.
Prendendo un osso lungo e applicandovi una forza deformante la creazione
di cariche elettrostatiche genera una differenza di potenziale V tra le
due superfici dell'osso.
Se la deformazione è sufficientemente rapida (minore di 20 ms )
il fronte di salita dell'onda è dominato da frequenze alte ( 10
Hz - 10 KHz ) ad elevata ampiezza, questa fase dell'onda decade poi rapidamente.
Le componenti di bassa frequenza ( 0.1 Hz - 10 Hz ) sono generate da potenziali
fluttuanti e fenomeni elettrocinetici.
L'onda risultante è descritta in fig.3.
Il voltaggio rilevato varia da 100 mV/cm a 5 mV/cm con un valore nominale
di 1 mV/cm. Tali valori dipendono dal tipo di tessuto, dal suo stato di
idratazione e dalla percentuale di deformazione.
Un campione di osso secco deformato rapidamente può generare fino
a 0.5 V/cm. Questo valore permane per un intervallo relativamente lungo
mentre la forza deformante continua ad agire. Usando questo valore di campo
elettrico come riferimento, furono osservate le caratteristiche del campo
elettromagnetico variabile nel tempo, per indurre un'onda nell'osso con
forma ed ampiezza in qualche modo simili.
Tutti gli apparati generanti CEMP attualmente in commercio sono basati
su questi parametri generali.
In particolare le forme d'onda, indotte all'interno del tessuto attualmente
più usate, sono rappresentate in figura 4.
Fig. 3 - Forme d’onda tipiche rilevate durante la rapida (<20 ms) applicazione di un carico deformante, in un osso idratato.
Fig. 4 - (A) Prima forma d’onda usata (Bassett, 1974); (B) Forma d’onda usata dal gruppo di Cadossi (1990); (C) Singolo impulso sfruttato dall’EBI (Basset, 1989); (D) Burst di impulsi usato da EBI e AME (Bassett, 1989).
Ci si può chiedere se tali effetti siano visibili con qualunque
forma d'onda. Naturalmente la risposta è no, infatti la scelta dei
parametri è fondamentale. Per esempio la proliferazione di cellule
ossee , in uno studio condotto da Brighton, non cambia a 1000 V, a 200
V si vede un effetto proliferativo che scompare di nuovo a 150 V. L'intensità
del campo è un parametro importante da considerare. Lo stesso vale
per la frequenza. Se prendiamo dei linfociti e li esponiamo a campi E.M.
a diverse frequenze, la loro proliferazione può, o no, essere inibita.
A 3 Hz è inibita, a 50 Hz pure, a 200 Hz no. Si ritrova quindi un
comportamento a finestra sia per la frequenza che per l'ampiezza. Buch
(1986 ) ha studiato la neoosteogenesi nella metafisi tibiale di un coniglio
con stimolazioni di varie intensità ( 5, 20, 50 mA) in comparazione
con il lato controlaterale non stimolato. I risultati hanno chiaramente
mostrato come a 5 mA si ha un aumento dell'osteogenesi del 138% rispetto
al controllo, a 20 mA del 158%, a 50 mA un decremento del volume osseo
del 48% ( fig.5 ).
In conclusione, non tutti gli stimoli elettrici e i diversi campi E.M.
pulsati producono gli stessi effetti; a stimoli e campi diversi per intensità,
frequenza e tipo di onda, corrispondono effetti osteogenetici diversi,
con una correlazione solamente parziale con la dose somministrata. In questa
direzione si considerano i CEMP come farmaci e come tali con indicazioni,
controindicazioni, dosaggi e posologie ben precisi per avere i migliori
risultati possibili.
VOLUME OSSEO
Fig. 5 - (da Buch F. & Coll.) Volume osseo medio (misurato secondo il rapporto stimolati/controlli) dopo la stimolazione con corrente continua di 5, 20 e 50 µA. Si nota come la stimolazione con 5 e 20 µA provochi un aumento significativo del volume osseo, mentre con 50 µA si ha un decremento del volume.