Numerosi sistemi sono stati sviluppati con lo scopo di analizzare gli effetti prodotti sui tessuti biologici dai campi elettromagnetici.
Una prima classificazione tra i sistemi di esposizione distingue quelli progettati per irradiare interamente il soggetto da quelli che invece confinano il campo in una zona ristretta.
Un’ulteriore distinzione nel secondo gruppo è data dalla suddivisione tra applicatori invasivi e non invasivi.
2.1 Cella TEM (Transverse Electromagnetic)
La cella TEM (Crawford 1974) è un sistema usato per generare valori noti di campo elettromagnetico. (figura 1).
In particolare grazie ad un sistema di questo genere si è in grado di ottenere un campo elettromagnetico di intensità nota.
Si tratta di un cavo coassiale la cui parte centrale diventa un conduttore piatto che allargandosi forma il piatto centrale di un condensatore, mentre il conduttore esterno assume la sezione rettangolare con il lato maggiore parallelo al piatto.
Il conduttore centrale e il conduttore esterno permettono la propagazione di un modo TEM. Logicamente il piatto centrale non tocca le pareti, alle quali è fissato con supporti di materiale isolante.
La struttura della cella TEM è fatta in modo da permettere che l’impedenza sia costante. L’impedenza nel cavo coassiale dipende dal rapporto b/a dove b ed a sono rispettivamente i raggi maggiore e minore dei due conduttori che formano il cavo (generalmente l’impedenza del cavo coassiale viene fissata ad un valore di 50W ).
Nella cella TEM l’impedenza è legata alla larghezza del piatto centrale rispetto all’altezza che separa i piatti della struttura. Se il rapporto a/b è mantenuto costante la cella diviene una linea di trasmissione ed al centro siamo in situazione di propagazione TEM ideale (onda piana tra due piani conduttori).
E’ possibile allora calcolare dalla potenza che si immette il campo elettrico che si stabilisce all’interno della cella:
La figura 2 mostra schematicamente come funziona il sistema: abbiamo una sorgente a microonde della quale conosciamo la frequenza, un primo accoppiatore direzionale che misura quanta potenza si sta inviando alla cella e quanta viene riflessa, la cella TEM, un secondo accoppiatore direzionale che valuta la potenza trasmessa ed un carico adattato (affinche’ non vi siano riflessioni).
Il rapporto tra potenza riflessa e potenza trasmessa dice quanto la struttura è adattata e quanta potenza entra nella struttura stessa.
Volendo analizzare piu’ dettagliatamente un accoppiatore direzionale (figura 3) si vede che esso consiste di un dispositivo a quattro porte formato cioè da due linee (1-2 la principale) accoppiate elettromagneticamente.
La seconda linea è usata per misurare la potenza che fluisce nella prima; infatti dimensionando opportunamente la distanza e l’impedenza dei cavi coassiali derivati si puo’ fare in modo che Pinc esca dalle porte 2 e 4 mentre non esca nulla dalla porta 3 (a Pinc è una frazione di Pinc con (0<a <0.5). Viceversa quando il segnale torna indietro Pr (potenza riflessa) uscirá dalle porte 1 e 3 e non dalla 4.
Variando a fino ad ottenere un valore molto piccolo (per esempio a =0.001), tutta la potenza va nella cella TEM; nella porta 3 si riesce ad ottenere un segnale che, se pur piccolo, da’ una informazione proporzionale alla potenza riflessa.
Mandando un segnale nella cella TEM si avranno due situazioni possibili:
· ponendo un oggetto all’interno della cella si crea un disadattamento, parte della potenza incidente è riflessa e parte assorbita dall’oggetto; sommando la potenza riflessa e quella trasmessa e sottraendole al valore della potenza incidente si riesce ad ottenere la potenza dissipata dall’oggetto (si puó misurare cosí il SAR globale).
Esiste una relazione che deve essere rispettata nelle dimensioni della cella; infatti ad una certa frequenza possono attivarsi modi di ordine superiore, caratteristici di una guida d’onda (modi TE), la cui frequenza di taglio (fc) è inversamente proporzionale alla larghezza della base della cella TEM. Celle di grandi dimensioni devono essere usate quindi solo a basse frequenze, mentre celle piú piccole possono essere usate fino a frequenze piú elevate, per fare in modo che il dispositivo si comporti come un cavo coassiale e non come una guida d’onda. Di solito le case costruttrici indicano un limite superiore di frequenza che non deve essere superato per preservare il modo TEM e le condizioni di onda piana.
Inoltre, la cella è progettata supponendola vuota; inserendovi
quindi un oggetto viene a crearsi una deformazione di campo: ci si trova
infatti di fronte ad un cavo coassiale parzialmente riempito e che presenta
quindi due diverse costanti dieletriche (
per lo spazio libero e
dell’oggetto).
Viene a mancare quindi l’uniformita’ del mezzo di propagazione dell’onda
piana (condizione affinché si abbia un modo TEM).
Per esempio un oggetto con =60-70
che riempisse la struttura, ridurrebbe la frequenza di funzionamento da
0-300MHz a 0-40MHz, infatti la frequenza di taglio risulterebbe ridotta
di circa 7-8 volte.
Per evitare tali effetti l’oggetto immesso nella cella TEM non deve mai superare in altezza 1/3 della distanza tra il piatto centrale e quello sulla base.
Un’ analisi piú dettagliata del campo sull’oggetto si può ottenere ricorrendo ad una simulazione con metodi numerici (per esempio il metodo alle differenze finite nel dominio del tempo, utile in quanto si hanno condizioni al contorno ben definite essendo le pareti metalliche).
La cella TEM viene utilizzata per tarare i sensori di campo elettromagnetico: una fessura infatti puo’ essre aperta sul lato della cella permettendovi l’inserimento di sonde che, se piccole, perturbano poco la configurazione del campo e rendono minimi gli errori di accoppiamento capacitivo. Un incertezza del 10% sull’intensità del campo è la migliore ottenibile con una cella TEM.
2.2 Guide d’onda
Sistemi di esposizione a guida d’onda (rettangolari o circolari) sono usati per frequenze più alte di 750 Mhz. Le loro dimensioni interne sono proporzionali alla lunghezza d’onda della frequenza più bassa che può essere usata nella guida.
Questi sistemi sono usati in esperimenti sia su animali interi che in quelli in cui è irradiata una parte specifica del corpo.
La figura 4 mostra lo schema logico di un sistema di irradiazione a guida d’onda:si ha una sorgente a microonde a 2,45 Ghz, un isolatore per evitare che il segnale riflesso torni indietro,un attenuatore variabile che permette di controllare la potenza che si manda al sistema, un primo accoppiatore direzionale per determinare la potenza incidente e quella riflessa, la camera per l’animale, un altro accoppiatore direzionale che misura la potenza trasmessa ed un carico adattato. I dati sono trasmessi ad un registratore e poi ad un’interfaccia e tramite un modem al computer centrale. E’ questo un vecchio sistema (anni 60-70) soppiantato oggi dall’uso del PC e da schede che permettono di trasferire i dati direttamente su nastro magnetico o disco rigido (attualmente il limite viene imposto dalla capacità delle memorie di massa).
La figura 5 mostra un banco di misura a microonde costruito usando guide d’onda. Questo è formato da un cavo coassiale posto su una guida d’onda, la zona dove viene posto l’animale da esporre, un accoppiatore direzionale e la chiusura su un carico adattato.
Un altro esempio è mostrato in figura 6 (camera di irradiazione a guida d’onda circolare). Il cavo coassiale manda il segnale ad una struttura circolare tramite una guida d’onda fessurata che serve a misurare l’adattamento d’impedenza.
Sperimentalmente si mette una piccola sonda in guida e spostandola lungo le fessure si misurano i valori massimi e minimi del campo. Dal rapporto di onda stazionaria (rapporto tra campo elettrico massimo e minimo), si ottiene una misura dell’adattamento. Se un’onda è puramente progressiva non si ha un’onda stazionaria e minimi e massimi si equivalgono; se invece si è in situazione di corto-circuito si avranno ventri e nodi ed il rapporto di onda stazionaria sarà maggiore di uno, crescendo fino ad infinito.
La figura 7 illustra in particolare la camera per il topolino; essa è in perspex, materiale trasparente per il segnale elettromagnetico. Vi è un tubo attraverso il quale arriva il cibo ed un contenitore dove vengono raccolti i prodotti biologici, che vengono analizzati per constatare se vi siano state alterazioni a livello organico.
Gli esperimenti vengono ripetuti con animali trattati esattamente allo stesso modo salvo l’effettiva esposizione al campo elettromagnetico per verificare se il loro comportamento sia dovuto ad una risposta allo stress o all’assorbimento di potenza.
Sistemi come quelli illustrati sopra hanno lo svantaggio di indurre valori di SAR fortemente non uniformi se un animale è bloccato in una determinata posizione: la parte esposta alle microonde incidenti assorbe infatti la maggior parte dell’energia. Lasciando gli animali liberi nella gabbietta i valori del SAR sono più uniformi ma la loro distribuzione non è nota.
La figura 8 mostra un sistema a guida d’onda per irradiare la testa di un animale; un foro permette l’inserimento della testa dell’animale rendendo possibile quindi un’irradiazione selettiva.
In generale per calcolare il SAR di un corpo esposto si usa la relazione:
I primi studi di bioelettromagnetismo risalgono al secondo dopoguerra quando alcuni piloti di aerei dotati di radar cominciarono ad avvertire disturbi. Si pensava che l’uomo fosse in grado di sentire un segnale a microonde, purchè modulato; infatti mandando segnali in continua il fenomeno non si verificava e cambiando frequenza tra gli impulsi il rumore cambiava tonalità. I primi studi cercando un qualcosa che demodulasse il segnale nella testa umana, hanno posto l’attenzione sui neuroni; la lumaca ha neuroni molto grandi ed è quindi un animale molto usato in questo tipo di esperimenti.
La figura 9 illustra un guida d’onda rettangolare (in posizione verticale). La parte superiore è riempita di una soluzione salina di Ringer, in modo che il neurone sia in un ambiente elettrochimico adatto per continuare a funzionare (vi sono buchi per favorire il ricambio della soluzione mantenendo così costante la sua temperatura).
Sotto la soluzione vi è un adattatore a
di materiale dielettrico, che ha lo scopo di evitare riflessioni all’interfaccia.
Si tratta di uno strato di materiale avente un’impedenza caratteristica
pari alla media geometrica delle impedenze dei materiali
fra cui è interposto, e uno spessore pari a un quarto della
lunghezza d’onda incidente.
Uno stimolatore porta corrente su un neurone ed un elettrodo metallico è in grado di prelevare il segnale. Ciò permette di studiare il comportamento del neurone sia in presenza di stimolazione elettrica, sia in presenza di segnale elettromagnetico.
2.3 Camere anecoiche
Un altro approccio per operare su campioni biologici è quello della camera anecoica, utile perché riesce a simulare una condizione di campo indefinito (vicino alle condizioni ideali di spazio libero). Ció risolve il problema della caratterizzazione della sorgente perché, se un’altra radiazione, ad esempio riflessa dalle pareti investisse l’oggetto, non sarebbe possibile discriminare l’effetto dovuto alla sola onda incidente. Per ricreare le condizioni di propagazione in spazio libero, si ricorre quindi alle camere anecoiche.
Le pareti sono ricoperte da strutture piramidali di materiali fortemente assorbenti per il segnale a microonde. In questo modo si realizza un adattamento di impedenza progressivo con perdite. L’onda sperimenta allora la minima discontinuità possibile, e si attenua man mano che si propaga; se anche una parte di radiazione arrivasse in fondo, prima di essere riflessa dovrebbe comunque attraversare nuovamente lo strato assorbente. L’oggetto in esame viene posto su di un supporto di legno o di plastica (materiali trasparenti al segnale elettromagnetico). La difficoltà e il costo necessario per realizzare camere anecoiche di grandi dimensioni costringono ad usare per l’esposizione oggetti piccoli.
In figura 10 è rappresentato lo schema di una camera anecoica: una sorgente a microonde manda il segnale ad un accoppiatore che, a sua volta, lo indirizza ad un’ antenna.
Le camere anecoiche vengono progettate in modo tale da massimizzare la regione di campo uniforme (zona quieta); possono essere usate per irradiare sia l’intero animale che singoli tessuti ed hanno una banda di lavoro che coincide con l’intera banda delle microonde.
La densitá di potenza ,
nella zona di campo uniforme, nei punti lungo l’asse dell’antenna è
data da:
dove P è la potenza trasportata dall’antenna, G è il guadagno dell’antenna ed r è la distanza tra l’antenna ed il punto in questione.
2.4 Espositori locali
Questi strumenti sono utilizzati per deporre quantità prestabilite di energia all’interno dei tessuti biologici. Il loro campo di applicazione si estende dalla irradiazione di animali per fini di sperimentazione, alla ipertermia a microonde per la cura dei tumori.
Esistono due modi fondamentali per far penetrare energia all’interno dei tessuti: per contatto o senza contatto. Il primo è preferibile perché gli applicatori per scopi terapeutici richiedono potenze elevate, con rischi di esposizione per il personale sanitario.
Il problema principale nella progettazione degli applicatori è costituito dal salto di costante dielettrica tra l’antenna che irradia nello spazio libero e il tessuto biologico. In genere si utlizzano adattatori a l ¤ 4 per aumentare l’efficienza di accoppiamento tra il trasmettitore e il tessuto, riducendo così la potenza da immettere per ottenere l’assorbimento di una certa quantità di energia.
Nel materiale interposto vengono spesso fatte circolare aria o acqua, per portare via il calore e mantenere la superficie della pelle ad una temperatura costante. I trasmettitori per uso biomedico operano alle frequenze standard di 27 MHz. e 2.45 GHz.
In figura 11 sono mostrati tre applicatori per ipertermia.
Nel primo si nota la presa sul retro che ha lo scopo di inviare aria fredda attraverso il materiale dielettrico per raffreddare la pelle. Il secondo consiste in una guida d’onda alimentata da un cavo coassiale e chiusa su un anello che agisce come un’induttanza che ha lo scopo di confinare il campo. In questo modo si eliminano gli effetti ai bordi che sono doppiamente deleteri nel caso di ipertermia, sia perché lo scopo principale è quello di scaldare il tessuto, e quindi non si deve dissipare potenza, sia perché si deve controllare con precisione la zona dove si pone il campo. Il terzo applicatore è formato da due antenne concentriche; si tratta infatti di due cavi coassiali alimentati separatamente alla stessa frequenza. Il cilindro interno può essere utilizzato per immettere liquido refrigerante o per introdurre radiazioni ionizzanti in una terapia combinata con prodotti chemioterapici contro il cancro.
type | Frequency(MHz) | Input power(W) | Sar(W/kg) | Leakage at 5cm(mW/cm2) |
Square |
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circular |
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coaxial |
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La tabella 1 mostra che le strutture circolari e quelle coassiali si comportano meglio di quelle rettangolari, sia relativamente alla potenza immessa per ottenere un determinato SAR, sia rispetto alle perdite di radiazione.
Tecniche più recenti utilizzano circuiti di tipo planare; un esempio è mostrato in figura 12 e consiste in una linea di trasmissione planare coassiale nella quale le strisce esterne hanno lo stesso potenziale del cavo coassiale. La struttura è chiusa su una resistenza di 50 ohm.
Questo tipo di applicatore, appoggiato sulla pelle, fornisce un efficiente trasferimento di energia con minima perdita di radiazione. Spesso si utilizzano array di questi elementi per aumentare l’area di esposizione ed ottenere una maggiore focalizzazione del segnale all’interno del tessuto.
Una variante di questo tipo di applicatori è costituita dalla struttura ad anello di figura 13. La distribuzione di SAR che si ottiene è circolarmente simmetrica attorno all’organo irradiato.
Cavi coassiali vengono utilizzati anche in tecniche invasive, a volte indispensabili se si vuole far penetrare il campo in profonditá.
Nella figura 14 si vedono due esempi di cavi coassiali che presentano aperture per ottimizzare il campo ceduto al tessuto. Nella figura 15 è descritto un sistema per testare queste sonde; esso è composto di una sorgente a microonde che manda il segnale all’antenna tramite un amplificatore di potenza e un accoppiatore direzionale. L’antenna è immersa in una soluzione salina che simula il tessuto biologico. Un termometro, collegato ad
un registratore, serva a misurare il comportamento termico della soluzione sottoposta ad irradiamento.
I grafici delle figure 17 e 18 illustrano rispettivamente il caso di una sonda con una doppia fessura, con P=5,3 W, inserita 38 mm all’interno del tessuto e di una sonda con una sola fessura, con una P=6,4 W ed inserita 30 mm dentro il tessuto. Ogni singola curva (spezzata) dá la temperatura raggiunta a varie profonditá in un determinato istante di tempo .
I risultati raggiunti con una sonda del primo tipo sono migliori degli altri; infatti permettono di arrivare a 43 ° C per una profonditá di circa 35 mm.
Infine in figura 19 sono riportate delle curve di profilo delle aree interessate dal riscaldamento con i relativi valori di SAR.