CAP.3 Applicazioni alla
Cura dei Tumori
3.1
Metodi per generare l' ipertermia
3.2 Ipertermia
elettromagnetica
3.3
Il trattamento terapeutico
3.4
Gli applicatori a R.F.
3.5
Gli applicatori a M.W.
3.5.1 Gli applicatori non invasivi
3.5.2 Gli applicatori invasivi
3.6
Il controllo della temperatura
3.7
Considerazioni sull' efficacia terapeutica
3.1 Metodi Per Generare l' Ipertermia
L'uso del calore per il trattamento dei tumori risale a circa un secolo
fa (Coley,1893); inizialmente l'aumento di temperatura veniva ottenuto
causando infezioni batteriche o iniettando tossine nel soggetto.
Negli ultimi 20 anni sono stati fatti progressi considerevoli nel campo,
grazie anche allo sviluppo tecnologico che ha messo a disposizione mezzi
più adeguati per ottenere risultati migliori. L'ipertermia per scopi
terapeutici risulta efficace perché le cellule tumorali sono più
ricche di acqua rispetto a quelle sane, per cui un aumento di temperatura
provoca in esse un danno maggiore, inoltre sono fortemente vascolarizzate,
quindi vengono riscaldate meglio.Le tecniche di ipertermia sono efficaci
soprattutto contro particolari tipi di tumore, come il Melanoma.
I metodi principali per ottenere ipertermia sono:
1) Immersione in acqua calda
2) Riscaldamento extra corporeo del sangue, efficace
per tumori agli arti: il sangue che scorre in un'arteria viene introdotto
in uno scambiatore di calore, portato a 42 °C e reintrodotto nell'arteria
in modo da scaldare i tessuti (tecnica messa in atto dal Prof. Cavallari
dell'Istituto Regina Elena di Roma, negli anni '70) . Inoltre, per riportare
alla temperatura corporea il sangue che torna al cuore attraverso una vena,
si applica ad essa un radiatore che opera un raffreddamento extracorporeo
del sangue di ritorno.
3) Riscaldamento elettromagnetico (microonde, radiofrequenze).
Gli svantaggi delle tecniche non basate sull' irradiazione EM sono:
-
la prima risulta fastidiosa per il paziente in quanto coinvolge
tutto il corpo (trattamento total body ), inoltre non si possono
superare i 41 °C , temperatura massima che si può raggiungere
senza arrecare danni all'organismo.
-
il secondo tipo di terapia è locale, quindi il sistema termoregolatorio
non entra in funzione, però risulta cruenta.
Indice cap.3
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Generale Tesina 6
3.2 Ipertermia Elettromagnetica
Con tecniche di ipertermia elettromagnetica, invece, si possono trattare
zone limitate (torace, arti, etc.) o addirittura si può focalizzare
il segnale solo sulla parte malata e si possono raggiungere anche temperature
di 43 °C, che non possono essere tollerate se non localmente, con una
maggior efficacia per la terapia. Quindi, è conveniente ricorrere
alle microonde nell'ipertermia clinica perchè:
-
le MW sono una tecnologia ben assestata con una buona comprensione teorica;
-
c'è grossa disponibilità di strumentazione a prezzo relativamente
basso;
-
la piccola lunghezza d'onda consente una buona precisione nella zona da
trattare;
-
è relativamente semplice controllare l'energia fornita al paziente
(dose= tempo(potenza );
-
modifiche nelle dimensioni dei radiatori consentono variazioni delle dimensioni
delle zone da trattare;
-
le MW sono una radiazione coerente e, quindi, è possibile sfruttare
l'interferenza e la sovrapposizione tra due radiatori;
-
i meccanismi di interazioni tra i tessuti e MW sono studiati accuratamente
da almeno 25 anni.
Gli elementi negativi sono:
-
la bassa penetrazione delle MW nei tessuti. E' importante notare
infatti come la penetrazione non sia mai superiore ai 4 cm, valore inadeguato
per un uso generalizzato in ipertermia.
-
per le applicazioni di ipertermia il range di temperatura disponibile è
piuttosto stretto, infatti:
-
sopra i 45 °C il calore danneggia sia le cellule sane che quelle tumorali.
-
fra i 37°C e 41 °C il calore accelera la crescita delle cellule
e, quindi, può causare un aumento delle cellule tumorali.
Anche se, per temperature superiori a 42°C, ci sono molti dati che
confermano l'effetto antineoplastico dell'ipertermia (alcune volte in aggiunta
alla radioterapia), riscaldare un tumore in modo uniforme ad una temperatura
compresa fra 42°C e 45°C senza danneggiare le cellule normali richiede
un grado di sofisticazione tecnica troppo elevato.
-
inoltre bisogna tenere conto del flusso sanguigno e delle forme diverse
di tumori anche in termini di dimensioni e posizione, per cui c'è
bisogno di una grande quantità di applicatori adatti ai diversi
casi.
A tutto ciò bisogna aggiungere il fatto che una terapia ad alta
potenza di MW può essere rischiosa soprattutto in ambiente clinico,
ciò porta all'esigenza di realizzare macchine sicure ed affidabili.
L'ipertermia elettromagnetica per scopi terapeutici generalmente viene
presa in considerazione quando le altre terapie adottate falliscono,e non
è ancora molto diffusa a causa dei vari problemi precedentemente
analizzati. Per questo motivo si ha un limitato numero di casi sui quali
analizzare i risultati, quindi le percentuali di successo non sono sempre
molto significative.
Le frequenze permesse per fare ipertermia sono:
-
27 MHz (RF)
-
435, 915, 2450 MHz (MW).
Le alte frequenze consentono una grande precisione spaziale nell'irradiare
unicamente la zona interessata, ma vengono attenuate fortemente in mezzi
dissipativi quali i tessuti biologici e quindi:
a) il campo è apprezzabile solo in prossimità
dell'applicatore (scarsa penetrazione).
b) si scaldano molto i tessuti (sani) interposti tra applicatore
e tumore.
Le basse frequenze vengono attenuate in modo minore e quindi riescono a
penetrare più in profondità, ma hanno i seguenti svantaggi:
a) sono poco focalizzabili.
b) richiedono antenne di dimensioni maggiori.
Un equipaggiamento clinico completo per fare ipertermia comprende: 1) Un
applicatore per produrre il campo che riscalda i tessuti. 2) Accorgimenti
di accoppiamento tra applicatore e corpo, per evitare che tutta la potenza
venga riflessa all'interfaccia tra tessuti con costanti dielettriche diverse.
3) Dispositivo che misura la temperatura del tessuto e controlla automaticamente
la potenza emessa dall'applicatore.
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3.3 Il Trattamento Terapeutico
La terapia viene effettuata nel seguente modo: un applicatore
invia un campo E.M. monocromatico sulla zona malata, mentre un sensore
di temperatura misura la potenza emessa per evitare surriscaldamento, secondo
lo schema seguente:
DT/ Dt ®
SAR= c*
DT/ Dt ® POTENZA
EMESSA
Il paziente dovrebbe essere messo in posizione comoda, dato che i tempi
del trattamento variano da 30 ai 60 minuti. Prima dell'inizio del trattamento
si deve vedere dove è situato il tumore e quanto è esteso.
La misura della temperatura va effettuata al centro
del tumore e non in superficie; inoltre l'applicatore di campo non deve
interferire con il sistema termometrico. Se il trattamento comporta l'irradiazione
indesiderata di parti sensibili, (ad esempio l'occhio), queste devono essere
schermate.
L'ipertermia a onde-corte (RF) è apparsa precedentemente rispetto
a quella a microonde. Essa utilizza basse frequenze (13.56 MHz o 27.12
MHz), alle quali le correnti prevalenti sono quelle di conduzione. Gli
applicatori usati sono quelli del tipo a condensatore e a bobina, e non
richiedono particolari attenzioni nel dimensionamento.
Lo svantaggio più grosso di questa tecnica è che essa
non consente una localizzazione molto precisa della zona da trattare, un
ulteriore svantaggio è l' eccessivo riscaldamento dei tessuti più
esterni, inutile e pericoloso.
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3.4 Applicatori a RF
Il primo elettrodo usato nella diatermia a RF è stato quello
a condensatore: consiste in due elettrodi applicati su due zone diverse,
tra i quali viene imposta una tensione sinusoidale; a 27 MHz si è
lontani dalla frequenza di rilassamento dell'acqua e il riscaldamento è
sostanzialmente dovuto alle perdite ohmiche. Inoltre, viste le frequenze
utilizzate, la differenza di costante dielettrica tra il metallo di cui
è costituito l'applicatore e la pelle del paziente non provoca una
grande riflessione e quindi non c'è il problema dell'accoppiamento.
L' altro applicatore comunemente usato per la diatermia a onde-corte
è la bobina d' induzione. In questo caso è il campo magnetico
che induce delle correnti nei tessuti con il conseguente riscaldamento
dei tesssuti stessi. Il campo elettrico, parallelo alle interfacce tra
i diversi tessuti, si propaga inalterato nel passaggio dal muscolo al grasso.
Questi sistemi forniscono una buona quantità di potenza con
una buona delimitazione dell'area riscaldata. Per contro, se si avvicina
eccessivamente la bobina al corpo del paziente, si ottiene un eccessivo
riscaldamento della pelle e del grasso sottocutaneo. Per quanto riguarda
la bobina coassiale, ancora non è stata studiata sufficientemente
la distribuzione di calore nel corpo, infatti mentre calcoli semplificati
fatti pensando ad oggetti omogenei danno come risultato un campo magnetico
uniforme nella regione centrale della bobina, la potenza assorbita misurata
in casi reali risulta essere nulla in questa regione.
La presenza dei problemi correlati all'utilizzo della diatermia a onde-corte
ha portato allo sviluppo della diatermia a microonde, infatti la lunghezza
d'onda minore fa in modo che sia più facile controllare la zona
riscaldata.
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3.5 Gli Applicatori a MW
3.5.1 Applicatori non invasivi
I dispositivi utilizzati per l'ipertermia elettromagnetica possono essere
divisi in due categorie principali: applicatori invasivi e non invasivi.
Per quanto riguarda le tecniche non invasive, il problema maggiore
è quello di conciliare la profondità di riscaldamento con
le dimensioni dell'antenna o della guida d'onda che viene utilizzata ed
inoltre di avere un soddisfacente adattamento. Un'altra difficoltà
è rappresentata dal fatto che, irradiando il soggetto, si rischia
di bruciare la pelle anzichè la metastasi interna, specialmente
ad alte frequenze. Si rimedia a questo inconveniente ponendo a contatto
con la superficie della zona irradiata un bolo contenente acqua ghiacciata
(T = 0 °C), con il quale si riesce a mantenere costante la temperatura
sulla pelle, in modo da provocare riscaldamento solamente all'interno.
La figura seguente mostra il profilo di temperatura della zona irradiata
senza bolo:
Fig.2
Mentre questo è il profilo di temperatura nel caso di presenza del
bolo di ghiaccio:
Fig.3
La presenza dell'acqua,inoltre, offre il vantaggio di ridurre il salto
di impedenza che si avrebbe all'interfaccia aria-tessuto, e quindi la riflessione.
Per questo scopo vengono anche utilizzate guide d'onda riempite di un materiale
che ha una costante dielettrica vicina a quella dell'acqua; in questo modo
è inoltre possibile propagare nella guida modi a frequenza più
bassa senza aumentarne le dimensioni, perchè si abbassa la frequenza
di taglio.
Nelle figure 4,5,6 sono rappresentati tre tipi di guide d'onda
più comunemente usate: la guida rettangolare viene utilizzata a
915 MHz, mentre le altre due a 2450 MHz.
Fig.4
Fig.5
Fig.6
Dalla tabella riportata di seguito risulta chiaramente che la guida circolare
e quella coassiale sono migliori, in quanto, per ottenere lo stesso valore
di SAR basta inviare una potenza minore rispetto
alla guida rettangolare, inoltre hanno perdite più basse.
Tabella 3
TIPO
|
Frequenza
(MHz)
|
Potenza
Inviata (W)
|
SAR
(W/Kg)
|
Perdite a
5 cm (mW/cm2
)
|
Rettangolare |
915
|
50
|
150
|
5
|
Circolare |
2450
|
12.5
|
150
|
0.1
|
Coassiale |
2450
|
17
|
150
|
0.3
|
Un altro genere di applicatori è costituito dalle linee
di trasmissione a microstrisce, che hanno il vantaggio di essere più
compatte e leggere rispetto alle guide d'onda. Possono essere costituite
da vari tipi di elementi radianti, come patch o loop, posti su una linea
di trasmissione a microstriscia:
Fig.7
Indice Cap. 3
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Generale Tesina 6
3.5.2 Gli Applicatori Invasivi
Le tecniche invasive, invece, possono essere effettuate inserendo all'interno
del corpo degli elettrodi, oppure delle particelle ferromagnetiche (tecniche
a RF), o ancora mediante l'introduzione di piccole antenne. Nel primo caso
il riscaldamento è ottenuto mediante la corrente prodotta dalla
differenza di potenziale tra gli elettrodi; nel secondo caso si sfrutta
la conduzione termica tra le particelle, che vengono scaldate per induzione
magnetica mediante un campo esterno al soggetto, e il tessuto; in questa
ultima tecnica si possono raggiungere al massimo frequenze intorno ai 500
kHz per il trattamento di zone piuttosto ampie, mentre per aree di dimensioni
più limitate non si possono superare frequenze di 1.9 MHz. L'inserimento
di antenne è particolarmente indicato nei casi in cui la parte malata
è facilmente raggiungibile dall'esterno mediante un'apertura del
corpo stesso (esofago, stomaco,etc.). Questi dispositivi sono costituiti
da una parte radiante alimentata da un cavo coassiale, alle volte il conduttore
centrale viene fatto funzionare da elemento radiante, per esempio rivestendolo
con un manicotto di materiale dielettrico. In figura 8 è
rappresentato un esempio di antenna invasiva.
Fig. 8
Con le tecniche invasive è possibile ottenere un'ottima focalizzazione,
visto che è possibile posizionare l'elemento radiante direttamente
sul tumore, senza causare apprezzabili variazioni di temperatura nel resto
del corpo, l'unico svantaggio consiste nel fatto che queste terapie possono
risultare fastidiose per il paziente.
Indice Cap. 3
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3.6 Il Controllo Della Temperatura
Come già accennato all' inizio della trattazione, un accurato
controllo durante il trattamento è essenziale sia per la sicurezza
del soggetto, sia per ottenere i migliori risultati possibili.
E' necessario, quindi, effettuare delle misure della temperatura all'interno
del soggetto: mediante apposite sonde termometriche (per es. termo-coppie),
oppure tramite l'uso della Termografia .
Un termometro a termo-coppia è realizzato ponendo una giunzione
dei due metalli nel punto dove c'è la temperatura da misurare T
' e la seconda giunzione ad una temperatura di riferimento T ". Quando
si ha un metallo con un estremo più caldo dell'altro, gli elettroni
presenti a questo estremo acquistano più energia e tendono a diffondere
verso il lato più freddo. Su quest'ultimo si crea quindi un eccesso
di carica che produce una debole d.d.p. E.
Il coefficiente in temperatura di tale potenziale è chiamato
Forza Termoelettrica Assoluta ed è espressa da
Poichè le strutture elettroniche dei due metalli sono differenti
,anche le forze termoelettriche sono diverse. La d.d.p. agli estremi della
termo-coppia viene quindi letta con un microvoltmetro. Le termo-coppie
rame-costantana (una lega rame-nichel), chiamate anche coppie di tipo T,
sono quelle più diffuse e sono molto sensibili (40 microV /°C
).
Le termo-coppie possono anche essere realizzate con dimensioni estremamente
ridotte, anche di 10 micron. Gli errori nelle termo-coppie sono legati
a qualsiasi causa che possa originare delle tensioni continue. Si è
detto dei potenziali di contatto, ma anche il lavoro meccanico e la presenza
di impurità nei materiali possono essere sorgenti di errori (anche
se di un'ordine di grandezza inferiore a 0.1°C), oltre al movimento
degli elettroni che fluiscono nei circuiti di misura e ad eventuali campi
magnetici che possono essere ulteriore causa di disturbo. Per questo motivo
i campi E.M. alterano il valore di T misurato dalle termocoppie.
Altri Tipi di Sensori Invasivi
Esistono numerosi altri dispositivi che possono essere usati come sensori.
Fra i più interessanti ci sono i componenti elettronici come diodi
e transistor. Attualmente vengono realizzati circuiti integrati funzionanti
come sensori termici, essi risultano essere pressochè lineari semplificando
così tutte le operazioni di lettura. Recentemente sono stati sviluppati
termometri che usano, per trasmettere l'informazione, la luce che si propaga
lungo una fibra ottica. I termometri di questo tipo misurano il coefficente
di riflessione tra energia luminosa incidente e riflessa, il quale dipende
da T ed hanno bisogno di una sorgente luminosa per inviare la luce al sensore
e di un photodetector per rilevare la luce riflessa dal sensore.
Sono state recentemente realizzate delle sonde di questo tipo con più
sensori applicati (quattro o sei per sonda), in modo da ottenere delle
misure in più punti in breve tempo, aspetto molto importante se
si considera il grande numero di dati che si deve avere a disposizione
per caratterizzare in maniera soddisfacente la distribuzione di temperatura.
Tutti i termometri a fibra ottica oltre ad essere insensibili ai campi
magnetici dispongono anche di dimensioni estremamente ridotte. Lo svantaggio
più grosso è nella alta qualità della tecnologia richiesta
per la realizzazione. I sensori più semplici sono le termo-coppie,
ma purtroppo sono sensibili al campo elettromagnetico. Per ridurre le deformazioni
che i sensori possono dare al campo è necessario orientarli perpendicolarmente
al vettore campo elettrico. Per comprendere se il sensore interferisce
sul campo basta eliminare il campo: se la temperatura rilevata dal sensore
scende molto rapidamente, allora il suo valore, misurato prima della soppressione
del campo, non è reale, ma dovuto all'interferenza del sensore con
il campo stesso.
Tutti i sensori analizzati sono comunque di tipo invasivo; se si vuole
misurare T in modo non invasivo, si può usare la termografia: si
analizza lo spettro di emissione del tessuto, che dipende da T, nel campo
degli infrarossi o delle microonde. La termografia IR è più
localizzata rispetto alla MW, ma non permette di misurare la T in profondità.
Durante il trattamento ad ipertermia la distribuzione della temperatura
è influenzata dal flusso sanguigno, che ridistribuisce il calore
in tutto il corpo. Nelle prove su modelli (fantocci) questi fattori non
vengono presi in considerazione, comunque è possibile studiare la
conduzione termica su modello usando lunghi tempi d'esposizione e raggiungendo
perciò il regime termico. Gli studi su modello danno preziose informazioni
sulla distribuzione dell'energia; tali informazioni sono utili per lo sviluppo
di applicatori di prestazioni migliori.
E' possibile ottenere indicazioni del SAR facendo studi sui modelli
e, successivamente, tenendo conto delle proprietà termiche e fisiologiche
dei tessuti e prendendo in considerazione l'effetto del flusso sanguigno,
può essere costruito un modello matematico per predire la distribuzione
di temperatura nella situazione reale. La tecnica per ottenere queste informazioni
consiste in un riscaldamento quasi istantaneo del modello ed un immediato
smontaggio del modello stesso per registrare le temperature nelle diverse
sezioni .
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3.7 Considerazioni sull' Efficacia
Terapeutica
Nella tabella riportata di seguito vengono illustrati i risultati ottenuti
adottando, nella cura del tumore, tecniche diverse: la prima colonna di
percentuali si riferisce a terapie classiche
(raggi x ), la seconda a trattamenti classici associati ad ipertermia
elettromagnetica. La risposta alla terapia viene considerata "complete
response" nei casi in cui il tumore non ricompare per almeno cinque anni
e quindi si può essere certi di aver ottenuto la guarigione.
Tabella 4
Reference
|
Method |
N° of
Patients
|
Complete response
Radiation alone
|
Complete response
Radiation + Heat
|
Arcangeli et al, 1987
Dunlop et al, 1986
Gonzalez et al, 1986
Hiraoka et al, 1984
Li et al, 1984
Perez et al, 1986
Scott et al, 1984
U et al, 1980
Valdagni et al, 1986 |
MW
MW
MW&RF
RF
MW
MW
MW
MW
MW
|
192
86
46
33
124
164
62
14
91
|
38%
50%
33%
25%
29%
41%
39%
14%
35%
|
76%
60%
50%
71%
54%
73%
87%
86%
63%
|
E' evidente che abbinando al trattamento elettromagnetico terapia con
raggi x o chemioterapia si hanno percentuali di successo anche considerevolmente
più alte: esiste chiaramente un effetto sinergico delle due tecniche.
E' stato provato che, utilizzando solo ipertertmia elettromagnetica i risultati
sono comunque migliori di quelli ottenuti con le altre tecniche di riscaldamento.
Sono tuttora in corso studi per verificare se la terapia elettromagnetica
è più efficace, perché il riscaldamento ottenuto in
questo modo è migliore o perché il danneggiamento riportato
dalle cellule tumorali è enfatizzato dalla presenza del segnale
elettromagnetico in quanto tale, a prescindere dal fatto che provochi riscaldamento.
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