CAPITOLO  1 1.1  La radiazione elettromagnetica ed il suo impiego
1.2   Effetti dei campi elettromagnetici sui tessuti biologici
 
 
 
 

1.1  La radiazione elettromagnetica ed il suo impiego

   Le radiazioni  elettromagnetiche  note  occupano un intervallo  molto  esteso di lunghezze d'onda, hanno molteplici caratteristiche  ed un vasto impiego.
   Nella parte più alta dello spettro, a partire dai 300 GHz, si  incontrano  le radiazioni ionizzanti (IR) caratterizzate da un quanto di energia, associato  al segnale elettromagnetico, sufficiente  ad estrarre un elettrone dall'atomo. Questo processo non interessa le radiazioni non ionizzanti  (NIR),  allocate  nella banda di frequenze iniziale.
   Le NIR vengono suddivise in: campi statici (DC), campi a  frequenze  estremamente basse (ELF), radiofrequenze e microonde (RF, MW), radiazione  ottica  (IR,VIS, UV), laser ed ultrasuoni. Nella trattazione seguente saranno presi in  esame solo i campi elettromagnetici  non ottici e tralasciati quelli statici (DC)  e quasi statici (ELF). Il campo di applicazione di tutti  questi  tipi  di radiazioni è vasto  (fig.1) ed è evidente  come  risulti improbabile che un individuo non sia irradiato nell’arco della sua vita, per cui si sono resi necessari  studi  approfonditi sui diversi meccanismi di interazione o incidenza insieme ad una copertura,  con norme protezionistiche differenziate, di tutti i settori relativi a  radiazioni.
   L'approccio di tipo protezionistico, e in ultima analisi legislativo, non risulta unico per le varie bande di frequenze e a diversi livelli in campo  nazionale ed internazionale.
   Le linee guida ed i limiti di esposizione a sorgenti elettromagnetiche  hanno lo scopo di proteggere gli individui da tutti quegli effetti che, in modo diretto o indiretto, possono considerarsi dannosi o potenzialmente tali per  la  loro salute e sono di diversi livelli secondoché il soggetto sia un professionalmente esposto oppure no. Da questi due gruppi di persone sono  esclusi  i pazienti intenzionalmente irradiati sotto il controllo e la  responsabilità del  medico al quale compete stabilire il livello di rischio accettabile in rapporto al beneficio atteso o sperato.
   L'operazione di scelta degli standard di emissione è molto delicata ed  eseguita a partire da considerazioni scientifiche che fanno  riferimento  ai  reali effetti biologici, cioè l'interesse è teso  principalmente  a valutare la correlazione  tra gli effetti  reali e l'agente  scatenante, piuttosto  che  osservare i risultati  di una semplice esposizione  effettiva.  Un  esempio potrebbe essere  l'episodio  di  Chernobyl  per  le radiazioni ionizzanti:  in  quel  caso  fu  possibile  misurare direttamente dei valori relativi alla esposizione e contaminazione dell'ambiente e dei cibi, però l'elemento di effettivo interesse è sapere cosa potrebbero  generare i radionuclidi una volta ingeriti o inspirati, perché è quello il fenomeno che consente la valutazione del danno per la popolazione.  Per  identificare  la correlazione tra gli effetti e l'esposizione a radiazioni ionizzanti si utilizza una grandezza detta "dose",  poi occorrono dei meccanismi all'interno del  corpo  per  comprendere come, e attraverso quali reazioni, un radioisotopo scatena una  determinata  causa biologicamente significativa.
 
 

                                                                        fig. 1

   La  grandezza  dosimetrica  da  prendere  in  considerazione è il SAR (acronimo di Specific Absorption Rate, definito come l'energia impartita  nell'unità di tempo all'unità di peso corporeo) che  dipendono  sia  da  campi  esterni che da altri fattori, come le caratteristiche dielettriche dei tessuti, le dimensioni  e la struttura del corpo, la modalità di esposizione, etc.
   La filosofia seguita per la scelta dei livelli di esposizione può essere  definita con lo stesso termine con il quale si indica una strategia molto usata in ambiente informatico: metodo "bottom-up". In pratica si parte  dall'analisi  dei risultati, che  in questo caso sono gli effetti, per risalire alle cause e  alle interazioni che li producono. In primo luogo si definiscono i cosiddetti "limiti primari" , valori cioè fondati su basi biologiche, espressi in termini  di  SAR  e misurabili in W/Kg; poi  è possibile  individuare quali sono le intensità di campi elettromagnetici che non danno luogo al superamento degli stabiliti limiti  primari e che consentono di fissare i "limiti derivati". Sono proprio questi ultimi ad essere importanti in fase operativa perché sono fondati su quantità fisiche,  misurabili  ed  esprimibili in termini di densità di potenza (W/m2 oppure mW/cm2), intensità di campo elettrico (V/m) e magnetico (A/m).

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1.2  Effetti dei campi elettromagnetici sui tessuti biologici

   L'analisi dell'effetto della radiazione elettromagnatica sui tessuti biologici consiste nella valutazione di  come  un  campo  interagisca con il corpo e, se dell'energia penetra e viene assorbita  dalla  struttura,  di quali fenomeni fisio-patologici può eventualmente scatenare accelerando processi naturali o creando alterazioni (fig. 2).
 
 
 

 
 
fig. 2
   Un meccanismo biofisico di interazione potrebbe essere quello di  una  radiazione che va ad agire sui legami o sui processi biochimici che, in termini energetici, sono influenzabili dall'esterno, si pensi ad esempio al fenomeno di crescita di un enzima estremamente sensibile alla temperatura (anche  a  variazioni di qualche grado) oppure basta semplicemente ricordare che per l'uomo  è importante mantenere costante la temperatura corporea.
   I campi elettromagnetici possono provocare sui sistemi biologici  effetti  di diverso tipo, è infatti possibile  distinguere  quelli  termici  dai  non termici (tab. 1).
 
 
 

Effetti dell'interazione

 

Classificazione

Livello

Parametro fisico

del campo E.M.

Effetto

Termico
Organo
Organismo
Densità di potenza assorbita
Aumento generale  temperatura
Aumento locazionato temperatura
Non termico
  • Coltura cellulare
  • Cellula(membrana/nucleo)
  • Molecola
(*)
Forze e coppie sulle cariche (ioni, elettroni) e sulle molecole dipolari (permanenti o indotte)
  •  Risonanze macromolecolari
  • Alterazione dei potenziali di membrana (potenziale DC, alterazione frequenza di firing)
  • Aberrazioni nel DNA
  • Riattivazione celle quiescenti
  •  
    tab.1
     
     

       I primi sono quelli che provocano un aumento della temperatura corporea,  generale o localizzato, stabile e/o transitorio (compensato dalla  termoregolazione), invece i secondi, prodotti da una deposizione  di  energia  insignificante rispetto a quella prodotta per metabolismo e che non possono essere classificati con un'unica definizione.
       In modo più preciso un effetto verrà considerato termico quando si verificherà un aumento di temperatura totale maggiore di 0.5 °C, non termico nel caso opposto (per esempio se un esperimento biologico provoca sul soggetto degli effetti pur non presentando variazioni di temperatura).
     
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