La termoregolazione è un meccanismo fisiologico
mediante il quale l'organismo reagisce ad eventuali variazioni di energia
termica , di cui è già dotato, in modo da mantenere
la propria temperatura interna in un opportuno intervallo. L'attivazione
del sistema può essere scatenata da diversi fattori ambientali
(variazioni di temperatura, di umidità, etc.), ma anche dall'esposizione
a radiazioni elettromagnetiche alle RF (EM/RF).
La capacità di adattamento a variazioni di temperatura
è presente nella maggioranza degli esseri viventi, ma raggiunge
un alto grado di perfezione solo negli omeotermi ("animali a sangue caldo")
perché dotati del sistema di regolazione involontario basato sull'equilibrio
di due fenomeni: la produzione e la dispersione di calore.
A più basso livello si trovano gli eterotermi ("a
sangue freddo") che assumono quasi la stessa temperatura dell'ambiente
in cui vivono e che sono sensibili a più piccole variazioni.
Nell'uomo la maggior parte degli organi vitali lavora,
in condizioni di normalità, alla temperatura pressoché costante
di 37 °C, comunque per valori compresi tra i 35.5 ed i 40 °C
non si rilevano danni all'organismo. Variazioni dal valore medio possono
essere dovute ad esercizio fisico, età, stress emotivi, digestione,
alterazioni del battito cardiaco o cicliche nelle donne, temperatura ambientale,
etc. Al di fuori dei limiti dell'intervallo considerato il corpo è
in condizioni di estrema vulnerabilità (a basse temperature si corre
il rischio di congelamento, alle alte la coagulazione di alcune proteine),
per cui il sistema termoregolatorio è dotato di diversi
sistemi di controllo.
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2.2 Bilanciamento del calore corporeo
Un soggetto in condizioni normali produce energia ed è abituato a dissiparla, in analogia a quanto dice il primo principio della termodinamica sulla conservazione dell'energia, ciò implica che se, nell'arco di una giornata, si verificano delle variazioni di temperatura dovrà intervenire qualcosa che permetta di mantenerla costante. Questa situazione di equilibrio può essere espressa in termini metematici dalla seguente equazione:
Il maggior produttore di calore nell'interno del soggetto
è il processo metabolico (M): le cellule, per sopravvivere, svolgono
una serie di funzioni che portano alla produzione di calore e che
sono alimentate dal cibo, prova ne è che il primo effetto
che si rileva quando si verifica una crisi ipoglicemica è
una sensazione di freddo (non avendo più zuccheri da
bruciare ne deriva l’incapacità di produrre sufficiente
energia termica). Un altro aspetto importante è il tasso di
potenza con cui viene fatto del lavoro dal corpo (W).
A destra dell'uguaglianza, nella (1), sono presenti una serie
di termini relativi ai processi che servono per compensare la produzione
di energia dall'interno, cioè per cederla all'ambiente.
Un modo per espellere energia è di irradiare calore (R): il
corpo umano irradia verso l'esterno nella
zona di frequenze dell'infrarosso perché
in genere è immerso in ambienti a temperatura inferiore ai
37 °C. Un secondo metodo è quello convettivo (C): l'aria a
contatto con la persona, che è a temperatura maggiore, segue
dei moti convettivi diretti verso l'alto, sono questi che la
raffreddano e le fanno cedere energia.
Un ulteriore termine è il tasso di perdita di
calore dovuto all'evaporazione (E) di acqua dalla
superficie cutanea: il soggetto stimola il funzionamento delle proprie
ghiandole, queste consentono di espellere acqua sulla superficie
del tessuto e la raffreddano (in questo caso è importante
assumere liquidi per rendere costante questo processo altrimenti
si rischiano disidratazione o colpi di calore con possibilità
di danni). L'ultimo termine (S) è relativo ad eventuali immagazzinamenti
di energia.
Tutti i termini a destra dell'uguale sono preceduti da
due segni, positivo e negativo, per tenere in conto che i processi
descritti possono essere utilizzati per aumentare il calore del corpo umano
(nel caso di segno meno), ad esempio una stufa può irraggiare
nel caso di R, un phon può riscaldare per convezione per C, la sauna
per E.
La maggior parte dei sistemi che intervengono
nella termoregolazione sono collegati alla superficie e/o al
volume del soggetto in esame, è per questo che le grandezze
coinvolte nella (1) sono espresse in Watt (se si considera il soggetto
nel complesso o ci si riferisce all'intero processo metabolico) o in
W/m2 (se si considera una porzione limitata del soggetto e si valuterà,
ad esempio, solo l’irradiazione dovuta ad una zona), inoltre le suddette
quantità sono da intendersi come medie temporali durante
l'intervallo di osservazione e all'equilibrio termico. Per legare le informazioni
associate alla superficie del soggetto e la potenza che esso irradia complessivamente
esiste un coefficiente caratteristico per ciascuna persona (si esprime
in funzione della massa corporea (w) e dell'altezza (h)), questo
ha la dimensione di una superficie equivalente, è
indicato con Ad ed espresso dalla formula di DuBois:
Esiste anche una versione generalizzata della espressione (2) perché si tiene conto del fatto che l'altezza, per soggetti di stessa forma, risulta proporzionale a w1/3, ciò implica che Ad può essere ricavato direttamente dal peso:
Relativamente ai vari termini introdotti si possono dare indicazioni quantitative a livello macroscopico. La conduzione (come quantità) è scarsamente significativa, del resto gli esperimenti vengono condotti a temperature ambientali, per cui l'energia ceduta per questo effetto risulta molto bassa. L'energia ceduta per convezione è espressa quantitativamente dalla formula seguente:
La convezione in aria dunque risulta funzione della superficie
del soggetto (A), di un coefficiente di trasferimento di calore k,
di un termine legato alla quantità di aria di volume V che
circola attorno al soggetto e dalla temperatura della pelle del soggetto
rispetto a quella del bulbo secco (
è una temperatura esterna standard che prescinde da eventi
come umidità). Per esempio il ventilatore agisce sul termine V,
cercherà infatti di far aumentare la quantità
di aria attorno all'individuo per cui maggiore sarà il calore ceduto.
Il termine di radiazione è più collegato
alla temperatura del soggetto che a quella ambientale. Viene introdotto
un coefficiente hr che è un termine relativo allo scambio radiativo
di calore tra un uomo nudo e l'ambiente e che dipende dalla
stima della temperatura media di radianza (MTR). L'espressione della MTR
è la seguente:
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2.3 Produzione endogena di calore: il metabolismo
La produzione di calore da parte di un essere umano, a
riposo fisico e mentale, dopo almeno 12 ore dai pasti (la digestione richiede
un grande afflusso di sangue allo stomaco che può andare
a togliere il calore ad altre parti del corpo) e in ambiente termicamente
neutro (33 °C), è tutt'altro che trascurabile e
proviene da un reale processo di combustione. E' interessante notare
come ciascuna cellula possa essere pensata come una microcamera di
combustione e, in totale, per un uomo del peso standard
di 70 Kg e nelle suddette condizioni , il consumo di
ossigeno sia di circa 250ml/min ed il tasso metabolico basale
(BMR) di 1.2 W/Kg. Questo valore è però indicativo perché
la capacità di produrre calore è funzione non solo
dello stato biologico della persona, ma può essere influenzata dal
peso, dalla dieta e molto spesso da funzioni di tipo
endocrino e ormonali.
La maggior parte del calore viene prodotta dal tronco,
visceri e cervello e trasferita tramite il sangue nel resto
dell'organismo, questo è però valido nella situazione di
immobilità, infatti anche il solo movimento degli arti può
contribuire ad aumentare la temperatura corporea. Il
valore medio di produzione di calore è di
circa 84 W, ma tale valore potrebbe oscillare
tra i 40 e gli 800 W/m2 (oppure
da 1 a 21 W/Kg) a seconda dell’età,
sesso, taglia e livello d’attività fisica.
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2.4 Sistemi di controllo del calore
Ogni volta che si verifica un abbassamento o un aumento
del calore corporeo, la termoregolazione, fornita di un sottosistema
di controllo costantemente in azione e rappresentabile
nel suo complesso con uno schema (fig. 3) dotato
di controreazione, entra in azione.
fig. 3
Nel sistema compaiono una temperatura di riferimento (Trif)
e dei sensori, distribuiti all'interno e sulla superficie del corpo, per
un costante monitoraggio della distribuzione del calore corporeo e che
fanno capo all'ipotalamo, da questo partono i comandi per i principali
meccanismi di controllo. Quando si rileva una differenza tra le due temperature
lette, la termoregolazione entra in azione stimolando uno o
tutti i processi di "difesa" di cui dispone. Nei grafici in
fig. 4 sono fornite indicazioni qualitative sugli interventi dei
sottosistemi di controllo della termoregolazione.
fig. 4
Al variare della temperatura ambientale è evidenziata
la presenza di tre possibili zone: una inferiore alla temperatura
critica fredda, una superiore alla critica calda ed una neutra. Nella
zona intermedia prevale un controllo vasomotorio, in quella critica fredda
prevale l'aspetto metabolico ed in quella critica calda, dapprima
si presenta un costante aumento della sudorazione e del flusso sanguigno
poi, con l'aumentare della temperatura, comincia una crescita
della produzione metabolica per effettto dell’affaticamento del sistema
termoregolatorio.
Una variazione della temperatura esterna, quando recepita
dal sistema nervoso centrale, induce un'alterazione del sistema muscolare
che si manifesta in una dilatazione, oppure in una costrizione, dei vasi
sanguigni. Questo fenomeno si presenta perché il sangue
raccoglie calore nelle zone più interne del corpo e lo trasporta
in quelle periferiche per cui, in caso di raffreddamento, la vasocostrizione
accelera l'afflusso di sangue (dunque di energia termica), se viceversa
si è sottoposti a riscaldamento la vasodilatazione lo rallenta.
Un dato da ricordare è che il sangue venoso, quando arriva al cuore,
è ad una temperatura inferiore di 1 °C rispetto a quella del
sangue arterioso, in questa operazione si cede 1 Kcal (1.6 Wh) di
energia.
Il sistema di controllo vasomotore è di grande
importanza perché consente di rilevare variazioni di temperatura
localizzate, anche lontano dai sensori, e di trasmetterle a tutto
il corpo (totalmente vascolarizzato), per cui un suo sovraffaticamento;
ad esempio la permanenza per un lungo periodo in un ambiente
molto caldo, può provocare problemi cardiovascolari (la dilatazione
dei vasi diventa tale da determinare una caduta di pressione
ed altri problemi). Un'espressione quantitativa del calore
perso è data dalla seguente formula:
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2.5 Limiti della tolleranza umana al calore provocato dalle radiazioni RF
Quando dell'energia viene deposta su un soggetto biologico,
questa viene trasformata in calore; anche il segnale elettromagnetico è
una fonte di energia per cui è normale che l'esposizione a radiazione
determini uno stress di tipo termico, però non è altrettanto
scontato capire dove interviene tale alterazione a livello
termoregolatorio. Quando l'organismo riconosce uno stato patologico reagisce
alterando la temperatura di riferimento, se viceversa un soggetto sta compiendo
uno sforzo muscolare si verifica un'aumento del calore metabolico, dunque,
a seconda del tipo di reazione scatenata dall'esposizione a radiazione,
la scelta nel fissare i livelli di pericolosità sarà diversa,
infatti l’attività ginnica è riconosciuta come una semplice
produzione endogena di calore e non è segnalata al sistema
nervoso di controllo come fastidio, cosa che invece accade per la
febbre.
L'esposizione a radiazione EM determina un aumento
della produzione metabolica, ma a questo punto è necessario
capire se la quantità di energia deposta all'interno
del soggetto possa essere compensata dal sistema termoregolatorio
e, dopo un breve transitorio, torni ad essere costante. L'equazione base
(1) si trasforma nella seguente:
in cui il termine ARF rappresenta la porzione di
calore assorbita dal campo. In condizioni di normale
esposizione il termine W e' trascurabile e la (8) si trasforma nella:
L'energia assorbita dal soggetto sarà:
E = 100 W/m2 * 1.8 m2 * 0.5 * 24 h = 1860 cal
che determina una sovraelevazione di temperatura , decisamente
non trascurabile, di circa 1 °C, qualora nel soggetto non intervenisse
il sistema termoregolatorio e non scambiasse calore con l'ambiente circostante.
Una serie di esperimenti è stata condotta con lo
scopo di valutare quale fosse l'umana resistenza al calore e, dunque
all'aumento di temperatura provocato dall'esposizione ad un campo EM. Sono
stati sottoposti degli individui ad una ben precisa temperatura esterna
(misurata con umidità del 50 %) per un lungo intervallo
di osservazione; i risultati sono evidenziati dalla seguente tab.2:
lucido 235/0
C-I-II(Tdb at 50% RH)(°C) |
Sensation |
Physiologocal response |
Health hazard |
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tab. 2
Vari studi sono stati condotti per valutare equivalenze tra
il calore prodotto per sforzo fisico e quello provocato dall'esposizione
a radiazioni. Stolwijk calcolò l'aumento di
temperatura su un soggetto con il solo
torace esposto ad un campo di potenza
pari a 500 W, alla temperatura di 30 °C e con umidità
del 50 % : era di 1.5 °C e pari a quello di un uomo che corre in
bicicletta con una velocità di 50 giri dei pedali al minuto; l'aumento
di temperatura stimato era di 4 °C se l'individuo veniva posto nelle
stesse condizioni precedenti ed immerso in acqua.
Negli esperimenti precedenti si è supposto che
il soggetto fosse di sesso maschile, sano, in condizioni di riposo assoluto
e nudo (l'abbigliamento ostacola il flusso di calore dalla pelle
verso l'ambiente).
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