CAPITOLO 4
 PROVE SPERIMENTALI DEGLI
EFFETTI DELLE RADIAZIONI A  RF
 

4.1  Criteri sperimentali da osservare
4.2  Percezione del calore e comportamento termoregolatorio
 

 
 

4.1  Criteri sperimentali da osservare

   La ricerca è tesa a valutare quanto e come l'esposizione  a campi  elettromagnetici alle RF e/o MW possa interferire con la termoregolazione ed alterare  il naturale comportamento biologico degli esseri umani, però,  per  l'impossibilità di condurre esperimenti su uomini, specialmente per campi molto intensi, le prove vengono effettuate su animali. Alcuni risultati sono forniti da persone inavvertitamente esposte a bassissimi livelli, sempre più spesso presenti in normali condizioni ambientali, e da volontari che hanno deciso di sottoporsi a campi abbastanza intensi per valutare le possibili alterazioni e  risposte  del  sistema termoregolatorio. I risultati dei pochi esperimenti di questo ultimo  tipo,  per esposizioni partial body a campo alle MW, sono descritti come "percezioni di calore" (leggero riscaldamento) e paragonabili agli effetti provocati dalla stimolazione elettromagnetica all'infrarosso. Per quanto poche, queste prove sono  di grande importanza perché il riscaldamento è l'effetto immediatamente antecedente alla stimolazione del sistema termoregolatorio.
   I risultati degli esperimenti condotti su animali permettono di ottenere  informazioni sull'energia che non si riesce a smaltire e, fatte le  opportune  proporzioni tra i rapporti metabolici dell'uomo e  la  specie  esposta, si  possono predire valori che, con buona probabilità, si avvicinano a quelli reali.
   A questo punto, prima ancora di presentare gli effetti che determinano le  esposizioni, è necessario introdurre le regole che debbono essere rispettate  affinché gli esperimenti condotti abbiano effettivo significato.
   Il primo fattore che va preso in considerazione è che il soggetto  non  dovrà risentire, nell'ambiente in cui è posto, di alterazioni  simili  ed  estranee  a quelle prodotte dall'esposizione. Se gli effetti da valutare sono di tipo termico, variazioni della temperatura esterna falserebbero i  risultati  dell'esperimento, inoltre l'animale dovrà essere in un ambiente il più sano possibile, lontano da possibili fonti di stress (rumori, vibrazioni, effetti chimici, etc.).
   Gli esperimenti dovranno essere in grado di provocare effetti di entità  tale da assicurare, con buona probabilità, la prova della loro esistenza, questo  per consentire di identificare la correlazione tra fattore scatenante ed  alterazione verificatasi. Se le alterazioni si evolvono lentamente, si renderà necessario estendere l'esposizione per un intervallo sufficiente di tempo perché l'effetto si presenti, questo punto implica la necessità di individuare dei marcatori chiari come la dilatazione venosa nel caso di aumento di temperatura.
   Vanno fissate tecniche di osservazione il più oggettive possibile e metodologie di investigazione che evitino una eventuale polarizzazione dei risultati. La strategia usata è quella detta "a doppio cieco" che agisce su due fronti: colui che e' lo sperimentatore segue diversi soggetti senza sapere quali siano sottoposti a trattamento e quali no; al "paziente", che potrebbe lasciarsi condizionare inconsciamente dal sapere di essere "curato" (effetto placebo),  si  fa  credere comunque di essere esposto a radiazioni, che lo sia o no, per valutare anche gli eventuali effetti psicologici (stress emotivi). Tutti gli esperimenti sono  controllati da un supervisore che assegna i ruoli e raccoglie i risultati. Una versione più sofisticata di questa tecnica  è quella detta "a triplo cieco", in questo caso il supervisore (in genere un computer) non comunica al coordinatore come siano assegnati i compiti,  è il programma che stabilisce quale individuo sarà sottoposto ad una serie di trattamenti e quale ad un'altra.
   Tutti i risultati sperimentali dovranno essere forniti con tecniche  analitiche ed oggettive (per esempio sotto forma di dati su una tabella) e non accompagnati da considerazioni soggettive di alcun tipo (quando possibile) che  potrebbero polarizzare le informazioni.
   Se è indicata la presenza di un determinato effetto, si dovrà aggiungere  una serie di test che abbiano un accettabile livello di significatività statistica. Ad esempio considerando il legame tra tipi di tumore, si dovrà vedere di  quanto si sono ridotti quelli trattati con sostanze chimiche rispetto a quelli sottoposti ad ipertermia.
   Per concludere, i risultati dovrebbero essere quantificabili  e  suscettibili di conferma da altri sperimentatori.
 
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4.2  Percezione del calore e comportamento termoregolatorio

   Dal momento che il riscaldamento si può presentare su tessuti biologici esposti a radiazioni EM/RF, non si può trascurare la loro  presenza in un ambiente nel quale possono trovarsi immersi uomini ed animali. Sebbene  le risposte fisiologiche (vasodilatazione, sudorazione, etc.)  possano  presentarsi indipendentemente dallo stimolo termico, è necessario riscaldare il tessuto  per stimolare la corrispondente reazione: si ritiene che alla base della  percezione di cambiamenti di temperatura della pelle, vi siano delle strutture neurali termo-sensibili distribuite sulla superficie della pelle (0.6 mm più  esterni). Una esposizione  a  radiazioni EM/RF o MW può determinare o  no  una debole sensazione di calore che dipenderà da molti  parametri  associati al segnale, per esempio al variare della frequenza cambia la  penetrazione.  Per confermare  il  diverso  assorbimento  di  potenza per le varie frequenze,  si  è visto  che,  mentre  le  radiazioni  all'infrarosso  penetrano  solo sugli strati  più  superficiali  della  pelle (in prossimità dei sensori termici) ed hanno un profilo di assorbimento simile a quello delle MW, quelle alle RF penetrano in modo più complicato a diverse profondità rendendo la comprensione di quanto  accade difficile.
   La soglia assoluta per la rilevazione di irradiazione a RF da parte di persone, è  stata determinata da diverse analisi sperimentali tutte relative ad  esposizioni limitate nel tempo (10 sec o meno) e nello spazio (erano coinvolte solamente aree di pelle della fronte o dell'avambraccio). Una delle conclusioni  comuni è stata che le lunghezze d'onda minori richiedevano livelli di energia  più bassi affinché la sensazione di calore fosse percepita: irradiazioni di  piccole aree di pelle dai 3 ai 10 cm2 con MW pulsanti (2500 impulsi/sec della durata di 0.4 microsec al minimo dell'intensità) devono durare almeno 5 sec per  ottenere  una sensazione di riscaldamento, mentre nel caso di più brevi durate, perché la percezione si verifichi, l’intesità dello stimolo deve essere notevolmente aumentata per avere sensazioni paragonabili a quelle di calore.   Un aspetto insolito da sottolineare è che la sensazione  derivata  dall'irradiazione EM/RF dura anche dopo la fine dello stimolo, questa latenza da rilevazione deriva probabilmente dall'inerzia termica dei tessuti interessati e dal più grande volume del tessuto coinvolto quando è implicata una radiazione penetrante profondamente.
   Esistono tecniche sperimentali basate sul riscaldamento del soggetto e su test relativi alla percezione di calore per individuare quando si supera una certa soglia di sicurezza, poi sono stati effettuati dei confronti tra riscaldamento alle MW e all'infrarosso. I sensori di temperatura sono principalmente  sulla pelle e quindi, all'aumentare della frequenza, aumenta il SAR deposto  localmente ed i sensori percepiscono maggiore quantità di calore. In  esperimenti  condotti nel 1980-81 si è fatto un confronto tra un'esposizione a 2.45 GHz ed una all'infrarosso. Nel caso delle MW si e' avuta una  sensibilità a 270 W/m2,  mentre  nel caso dell'infrarosso a 17 W/m2, in conclusione si avvertono più gli  infrarossi che non i campi alle MW.
   Esistono molteplici dati sperimentali relativi al cambiamento  del  comportamento termoregolatorio su soggetti sottoposti a campi elettromagnetici alle  RF, però sono i valori ricavati da prove effettuate su animali ad invalidarli. Campi alle MW di bassa intensità di potenza influenzano la termoregolazione  esattamente come le sorgenti di calore.
   Delle lucertole, animali a sangue freddo, venivano immerse in un  ambiente  a bassa temperatura parzialmente irradiato alle MW con una potenza di 900 W/m2: si spostavano verso le zone esposte a campo per ricevere un po' di calore. Questo esperimento è un'ulteriore prova che l'interazione provoca cessione di calore  dall’ esterno e agisce sul sistema metabolico.
   Un'altra tecnica per valutare il livello  comportamentale  (percezione  della radiazione) fu di provare che dei ratti, addestrati a premere una leva che azionava un sistema scaldante a raggi infrarossi puntato verso di  loro,  riducevano la loro "ricerca di calore" se all'IR si sostituivano campi di  bassa  intensità a 2.45 GHz. Statisticamente si verificava che tanto più alta era la potenza alle MW, quanto più basso era il numero di attivazioni perché era ceduta più energia all'animale.
   L'esposizione di scimmie per 10 min a campi a 2.45 GHz a densità  di  potenza crescenti da 60 ad 80 W/m2 consentiva di controllare la loro situazione  ambientale e si constatava che, salvo durante i primi minuti in cui si  verificava  un aumento della temperatura, questa si stabilizzava. Lo  stesso  comportamento  si presentava se si estendeva l'intervallo di esposizione a 2 1/2 h.  Un'importante conclusione a cui si arrivò, e che venne sfruttata dalle normative,  fu  che  il sistema termoregolatorio ha un certo tempo di intervento, questo termina con  la stabilizzazione della temperatura, e dipende da quanto cresce l'energia  interna del soggetto (quanto riesce a smaltire). Questo esperimento evidenzia chiaramente che l'esposizione ad un campo è percepita come un  aumento  della  produzione metabolica (sforzo fisico) dal sistema termoregolatorio e che quest'ultimo entra in azione, attivando tutti i suoi sistemi di controllo, cercando di ridurre  più possibile e velocemente la differenza tra la temperatura della pelle e quella di riferimento.

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