CAPITOLO 5
INTRODUZIONE ALLE NORMATIVE E CRITERI PER FISSARLE
 
 
 

5.1  Indicazioni propedeutiche per individuare i limiti di percezione e tolleranza alle RF
5.2  Modelli di simulazione del sistema termoregolatorio umano
5.3  Criteri per fissare gli standard di esposizione
5.4   Introduzione storica
 
 
 

 5.1  Indicazioni propedeutiche per individuare i limiti di percezione e tolleranza alle RF

   Essenzialmente,  per quanto presentato, i segnali alle RF, MW e MM danno luogo a riscaldamento e,  partendo dalle basse frequenze fino ad arrivare alle più alte, questo effetto si presenta sempre più sulla superficie dell'esposto.
   Il problema di individuare una soglia massima di esposizione al calore è, in  pratica, visto che il meccanismo di assorbimento alle varie frequenze,  nel  caso  di irraggiamento, è lo stesso, che bisognerà scegliere una soglia massima sul  tempo  e sulla potenza del segnale elettromagnetico tale da non determinare effetti  dannosi a nessuno.
   Chiaramente per individuare questa soglia si espose un animale, in particolare un cane venne sottoposto ad un campo elettromagnetico a 200 MHz e di 200 mW/cm2, ciò che si verificava era che che  moriva dopo circa 31 min, se si riduceva il tempo di esposizione e si aumentava la potenza (432, 500, 680 mW/cm2), la morte si verificava più tardi.
   Un altro esperimento vede sempre come protagonista il cane perchè ha  un  sistema termoregolatorio simile a quello umano (tranne che per la sudorazione  che anzichè su tutta la pelle è concentrata sulla lingua): l'intero corpo di un cane veniva esposto ad un campo pulsante a MW (2.8 GHz) ed una  densità di potenza media di 165 mW/cm2 per 2 o 3 h. Ciò che si verificava era un cambiamento  trifasico della temperatura all'interno del corpo come evidente nella fig. 7.
 
 
 
 

 

 
 
 
 
 
 
 
                                                 Temperatura  (min)
fig. 7

   Durante la prima fase, di circa 25 min, si verificava un  aumento della  temperatura  rettale (dapprima più veloce, come evidente dalle due pendenze) da  38 a circa 40.8 °C, cioè si presentavano alterazioni di tipo metabolico. I fattori che aumentavano erano il flusso sanguigno e l'evaporazione (in altre parole l'energia ceduta all'esterno) e col passare del tempo si intensificava il tasso e diminuiva la profondità di respirazione. Questa serie di strumenti utilizzati riusciva,  nella  seconda fase, ad abbassare la temperatura verso i 40.5 °C ed a  stabilizzarla,  ma dopo 60 min di attività di compensazione l'animale si affaticava e passava  alla terza ed ultima fase in cui il sistema termoregolatorio non riesciva più a compensare il calore, la temperatura cresceva velocemente e, dopo circa 80 min dall'inizio dell'esperimento, si presentava un collasso cardiocircolatorio.
   La situazione analizzata è quella più pericolosa di tutte ed indica la potenza massima che si può fornire senza uccidere il soggetto (dell'ordine di un centinaio di mW/cm2), cioè oltre al collasso cardiocircolatorio non si verificano  altri danni permanenti di tipo strutturale  internamente al corpo (solo eccessivo affaticamento).
   E' necessario fare due osservazioni: la prima è che questo esperimento conferma quanto sottolineato in precedenza (nel paragrafo 4.2) sulla valutazione del comportamento termoregolatorio e cioè che esso cerca di compensare comunque, come visto negli esperimenti condotti sulle scimmie, una variazione di calore,  ma in  questo  caso è eccessiva e non riesce nel suo intento; la seconda è che in questa  prova,  sebbene (a differenza della prima serie di esperimenti sui cani) in questo caso si avesse una sorgente pulsante, si perviene alle agli stessi risultati.
   L'effetto termico generato da un campo impulsato non è diverso da quello  provocato da uno  continuo  ed bene evidenziare, a scanso di equivoci, che fenomeni particolari come l’effetto uditivo alle MW (che si presentano  solo  per  segnali impulsati) non vanno a  coinvolgere  il  sistema termoregolatorio. Questa conclusione non implica però che i segnali impulsati  e quelli continui saranno considerati equivalenti nella scelta dei livelli relativi agli effetti termici, prova ne è che come valore limite non si dà una energia massima e ciò accade perché il sistema metabolico non risponde in  modo  lineare (per 40 min si può tollerare una temperatura di 50 °C, ma per 30 sec a 400 °C ,se si sopravvive, si hanno delle serie ustioni). Le normative  quindi,  fissata  una soglia, tratteranno allo stesso modo segnali che non la superano e che hanno  lo stesso contenuto energetico.
   Altra soglia da individuare è quella minima, in questo caso le difficoltà sono maggiori perché, in base a quanto presentato, una cessione di energia  ad  un corpo esposto è sempre presente e, considerando che l'andamento della temperatura è del tipo disegnato in fig.8, è comunque generata una fase di  disturbo  al sistema metabolico. Il problema, in questo caso, è valutare quale sia la soglia di SAR in corrispondenza alla quale viene stimolato il sistema termoregolatorio.
 

 
 

fig. 8
 
  Un'altra serie di esperimenti fu condotta per individuare questo valore minimo: delle scimmie vennero introdotte in un ambiente a temperatura leggermente al di sotto di quella in cui si attiva il sistema termoregolatorio, la minima alterazione generata dall'esposizione a campo elettromagnetico veniva rilevata dalla attivazione del sistema vascolare misurando il tono vasomotorio delle vene della coda dell'animale. Un segnale a MW (219 o 225 MHz) di 80 W/m2 per 5 min generava una vasodilatazione, lo stesso fenomeno si presentava se si abbassava la  temperatura di 1 °C e si intensificava la potenza del segnale a 120 W/m2.
   Si può concludere che se l’attività metabolica veniva stimolata  dalle  MW  o dalla temperatura ambientale, il sistema termoregolatorio scattava sempre ai  26°C. Se si effettuava lo stesso esperimento all'infrarosso  il  fenomeno  non  si ripeteva perché questa radiazione non penetra  e viene  considerata semplicemente come un calore esterno. La stessa serie di esperimenti venne condotta per valutare le condizioni di attivazione del processo di sudorazione (che scatta alla temperatura di 36 °C), i risultati hanno lo stesso significato precedente.
Queste prove avvalorano ulteriormente quanto indicato sulle reazioni del  sistema termoregolatorio: il segnale a MW genera un'alterazione metabolica esattamente come l'esercizio fisico, mentre quello all'IR viene percepito come riscaldamento dell'ambiente.
   I risultati di altri esperimenti condotti su gatti (dotati di un  sensibilissimo sistema termoregolatorio) consentono di concludere che densità di potenza P:

P < 1 mW/cm2                                       non stimolano alcun effetto termico
1 mW/cm2 < P < 10 mW/cm2                attivano il sistema termoregolatorio del gatto
10 mW/cm2 < P < 100 mW/cm2            hanno effetti letali su alcune cavie per sposizioni superiori a 6 h;
P > 100 mW/cm2                                   hanno effetti letali per esposizioni  superiori  ad 1 h.

Questi valori consentono di avere delle indicazioni sulla  soglia  minima di densità di potenza da scegliere.
Il motivo per cui in molte normative la soglia minima temporale è spesso assunta di 6 min è perché questo è il tempo di ritardo nella risposta del sistema  termoregolatorio.
Altre indicazioni sull'assorbimento dell'energia elettromagnetica alle  varie frequenze da parte di diverse specie animali sono fornite dalla tab. 3
 
SAR FOR ANIMALS AND MAN (W/m2 incidentPD)

Species 

Max absorption (GHz)

________________________Frequency_(GHz)____________________  
0.02--0.03     0.07           0.30           1.00         2.45           3.00          10.00
 
Mouse
2.00
8x10-4
(0.05)
 0.008
(0.04)
 0.06
(1.50)
0.04
(13)
 1.00
(36)
 0.965
(36.60)
 0.322
(12.40)
Rat
0.60
1.8x10-3
0.12 
0.0125
(0.06)
0.3
(7.50) 
0.6
(20) 
0.23
(8) 
 0.26
(9.60)
0.25
(9.60) 
Rabbit
0.32
5x10-3
(0.33)
 0.050
(0.22)
 0.80
(20)
 0.250
(8.30)
 0.15
(5.40)
 0.08
(2.96)
 0.07
(2.69)
Rhesus
0.30
1.7x10-3
(0.01)
 0.0125
(0.06)
 0.195
(5.00)
 0.10
(3.33)
 0.07
(2.50)
 0.065
(2.41)
 0.060
(2.30)
Dog
0.20
1.5x10-3
(0.10)
 0.010
(0.04)
 0.100
(2.50)
 0.050
(1.67)
0.040
(1.40)
 0.037
(1.40)
 0.30
(1.15)
Human 
(1 year)
0.15
0.004
 0.040
 0.15 
0.065
 0.055
0.050 
 0.042
Man 
(av)
0.07
 0.015
 0.225
 0.04
 0.03
 0.028
 0.027
 0.026
tab. 3

Mentre l'uomo ha un massimo di assorbimento tra i 15 e i 70 MHz a seconda  della età, per i topolini questa frequenza arriva ai 2 GHz. E’ a partire dai  risultati di questa tabella che si possono confrontare i risultati di tutti gli esperimenti  condotti  su animali di qualsiasi specie e dimensione.
   Gli studi (tab. 4) condotti da Stuchly consentono di valutare il rapporto tra il SAR deposto da un segnale elettromagnetico di diverse frequenze e densità  di potenza ed il BMR di un uomo standard: si considerano condizioni di  campo  lontano e due diversi valori di densità di potenza (che  indicano  un  comportamento lineare).
 
 

TABLE  3 DEL LUCIDO N° 224/0

RATIO OF SAR TO BASAL
METABOLIC RATE FOR AN
AVERAGE MAN EXPOSED TO
FAR-FIELD INCIDENT POWER
DENSITIES OF 10 and 50 W/m2
 
Frequency (GHz)
 
Av_SAR/BMR_(%)
10W/m2
 
Av_SAR/BMR_(%)
50 W/m
0.01 0.13 0.65
0.02
0.60
3.00
0.05
5.80
29.00
0.06
10.00
50.00
0.08
16.00
80.00
0.10
12.00
60.00
0.20
5.20
26.00
0.50
3.70
18.50
1.00
2.90
14.50
2.00
2.50
12050
5.00
2.50
12.50
10.00
2.50
12.50
20.00
2.50
12.50
Adapted from stuchly,M.A., Health Aspects
of Radiofrequency and Microwave Radiation
Exposure,  Part 2,  Departement  of  National
Health and Welfare,  Ottawa, 1978.

tab. 4

I risultati ricavati dalla prima colonna rientrano  nella  norma: visto che, in condizioni di riposo assoluto il consumo di energia è di 40 W/m2, mentre per effetto di sforzo fisico si può arrivare, come visto, ad  un consumo  di energia di  800 W/m2 , un soggetto a riposo irraggiato  alla frequenza di massimo assorbimento dovrebbe consumare (40*16) W/m2 che è un consumo accettabile. Questo stesso discorso non si può estendere al secondo caso in cui il massimo fattore non è più16, ma 50. Questi esperimenti confermano quanto è stato  ricavato  analiticamente sull'assorbimento del fantoccio a forma di ellissoide prolato.
   Un altro importante aspetto da prendere in considerazione è che anche  da  esposizione da campo lontano si evidenziano degli hot spot. Per analizzare come reagivano le varie parti del corpo alle radiazioni alle RF si sono condotte delle prove su alcuni animali.
   Il soggetto percepisce la presenza del riscaldamento mediante il sistema di controllo vasomotore e per quanto intenso possa essere il campo  difficilmente  potranno verificarsi collassi cardiocircolatori, comunque diversi studi sono stati effettuati per rilevare eventuali ulteriori effetti. Uno degli organi  più  a  rischio è l'occhio infatti, per il suo alto contenuto di acqua, è un buon bersaglio per le perdite e, essendo scarsamente vascolarizzato, un suo riscaldamento è avvertito più tardi dal sistema termoregolatorio. Studi sull'occhio del  ratto  esposto per un lungo periodo alla frequenza di risonanza hanno evidenziato rottura di proteine in esso presenti, lesioni alla retina e problemi  al cristallino. I livelli di densità di potenza che possono provocare questi problemi all'uomo sono piuttosto  elevati e difficilmente raggiungibili, però, nelle normative, il problema degli hot spot va tenuto in conto perché livelli di SAR complessivo  accettabili  potrebbero determinare pericolosi assorbimenti locali.
 

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5.2  Modelli di simulazione del sistema termoregolatorio umano

   Vi sono diverse filosofie sul tema delle normative. Un  approccio  diverso  è quello di non agire direttamente sugli animali, ma di effettuare  delle  simulazioni al computer al fine di valutare relazioni tra aumenti di temperatura ed eventuali danni biologici nel soggetto.
   Il sistema passivo consiste nella rappresentazione semplificata delle  caratteristiche termiche dei tessuti di tutto il corpo incluso il calore  metabolico, la temperatura locale del tessuto, il calore ceduto attraverso conduzione e convezione all'interno del corpo e, attraverso evaporazione, conduzione, convezione e irradiazione tra pelle ed ambiente. Allo scopo di utilizzare al massimo un tale modello, occorre considerare sia tutte le possibili variazioni nelle risposte  fisiologiche (che si possono verificare all'interno dei campi di stress termico ambientale imposto) che la produzione metabolica di calore e la temperatura  del  corpo  che accompagnano le applicazioni previste.
   Il modello di Stolwijk e Hardy predice accuratamente  questi  cambiamenti  di risposta, sia ad improvvise variazioni delle condizioni ambientali che a prove di esercizi. Sembra, quindi, ben adatto a predire variazioni delle risposte  termoregolatrici che si possono ottenere in seguito alla deposizione di energia EM/RF nel corpo e pone le basi per diversi tipi di analisi.
   Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi  nella  quantificazione dell'assorbimento dell'energia  EM/RF attraverso animali e uomini. Molti studi hanno evidenziato disunifomità di energia deposta all'interno dei tessuti esposti e il potenziale per "hot spot" specialmente nella cavità del cranio e sono attualmente disponibili modelli matematici che simulano la  deposizione di energia  EM/RF nel corpo umano. Di conseguenza è logico combinare i due tipi di modelli per la valutazione delle risposte  termoregolatrici fisiologiche alla deposizione di potenza alle MW. Comunque la  sovrapposizione dei due modelli simulati, ciascuno dei quali fu sviluppato per  differenti motivi e usando differenti obiettivi, pone particolari problemi e dovrebbe essere adottato con precauzione. Assunzioni e semplificazioni a priori  di diversi tipi  che possono essere state incorporate nei due  modelli  separatamente, possono generare incompatibilità non chiaramente evidenti.
   Stolwijk ha usato una simulazione combinata del modello  per  dimostrare  che durante la deposizione localizzata di potenza EM/RF l'aumento della temperatura locale nel corpo umano, specialmente nel cervello, può  essere molto più bassa di quella prevista. Conclusioni simili sono state  raggiunte  da altri che usarono un modello di Stolwijk modificato, realizzato per  la  convergenza delle radiazioni elettromagnetiche alle RF nell'ipotalamo. Risulta, comunque, che regioni di temperatura  alta  dei  tessuti  ("hot  spot" termici) sono piuttosto improbabili, soprattutto tenendo conto del flusso sanguigno che  tende ad eliminare l'eccesso di calore, per cui non c'è effettiva  situazione  di  rischio, mantenendosi ai livelli di potenza accettabile.
   E' possibile che tessuti scarsamente irrorati come la lente  oculare  possano sostenere temperatura elevate se sono creati, durante  l'esposizione  EM/RF, tassi elevati di assorbimento specifico locale. La maggior parte dei tessuti del corpo sono, comunque, ben vascolarizzati e un notevole aumento del flusso locale sanguigno si verificherà non appena la temperatura passa da 42 a 43 °C. Quindi casi in cui il modello di simulazione combinata  predice  aumenti di temperatura locale oltre un certo livello, dovrebbero essere visti  con cautela, finché non venga verificato un aumento del flusso sanguigno come risposta.
 

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 5.3 Criteri per fissare gli standard di esposizione

   Una volte individuate le soglie di tolleranza, il problema di fissare dei livelli standard per le normative è tutt'altro che risolto, questo perché  intervengono altri dati, come l’utilità sociale, ed in questo caso un esempio è  rappresentato dalla situazione creata dall'amianto: scoperti gli effetti che questo minerale poteva avere, dapprima si è cercato di bloccarne la produzione  e  poi, sostanzialmente, di toglierlo dalla circolazione, perché erano  state  inventate fibre in grado di sostitutirlo. Nel caso dei segnali elettromagnetici  qualora si arrivasse ad una situazione simile a quella dell'amianto si dovrebbe cercare un'alternativa opportuna. Il problema è quello di determinare delle  situazioni operative di equilibrio tra rischio di possibili danni al  soggetto  ed  il peggioramento delle condizioni ambientali, con conseguente rischio di altri danni sui soggetti dovuti a carenza di informazione. Basti pensare alle conseguenze che ci sarebbero se venissero aboliti i sistemi di telecomunicazione mobili:  ci potrebbero essere moltissimi casi di morte per impossibilità  di  segnalare  immediatamente un incidente e, quindi, intervenire tempestivamente.
   In conclusione è basilare valutare il rapporto tra effetto reale, valore biologico di questa alterazione, eventuali danni alle persone e importanza del fattore scatenante nel contesto sociale.
   Quando si stabiliscono gli standard o le regole per controllare i livelli di esposizione per la popolazione e/o i professionalmente esposti, dovrebbero essere fornite delle risposte ai seguenti punti:
1. Esiste o potrebbe esistere un problema se l'esposizione incontrollata  a campi EM/RF supera i livelli considerati  pericolosi?

        Se si:

2.  In quali condizioni e chi sarà l'esposto?
3. Quali sono le sorgenti di energia  EM/RF potenzialmente  pericolose? Va imposto un vincolo sulla potenza radiante  dalle  sorgenti e/o sulla loro proliferazione?
4.  Stabilire gli standard riduce il problema?
 
A questo punto, per diffondere degli standard comprensibili,  che consentano il rispetto di dettagli tecnici e misurazioni conformi, è necessario fissare dei punti:
  1. Vanno distinte due diverse filosofie d'attacco: degli standard  fissano regole sull'emissione, degli altri sull'esposizione. In  pratica  questo punto vuol dire che comunque non si deve superare i livelli di SAR  stabiliti sul soggetto, ma se una sorgente è tale da far superare quella soglia, dovrà essere limitata la potenza erogata dall'antenna o sarà necessario impedire al soggetto di avvicinarsi alla fonte? Altro  problema è differenza tra diversi situazioni,  ad  esempio  per  la  telefonia mobile si potrebbe limitare l’emissione cioè fissare una fissare una soglia per  sorgenti  isotrope. In realtà quando l'apparecchio è avvicinato all’orecchio cambia le sue capacità radiative ed assume le caratteristiche di un'antenna con moti che dipendono  dalla posizione assunta rispetto alla testa, per cui potrebbe  provocare,  pur rispettando la normativa, danni all'utente.
2.  A seconda del range di frequenze scelto dallo  standard,  si dovrà definire, per la sorgente, l’intensità e la densità della potenza dei campi elettrico e magnetico in modo inequivocabile. Se possibile, si  dovrebbe fornire un'indicazione su come questi valori sono stati ottenuti  e,  in caso contrario, dovrebbero esserci dei riferimenti da cui ricavare le informazioni desiderate.
3.  Andranno indicati esplicitamente i tempi  ed i  livelli  di  esposizione permessi sia per campi pulsanti che continui, inoltre fissata la differenza tra professionalmente esposti e non, andranno fornite informazioni scientifiche sugli effetti provocati dal superamento degli  standard  e sulla possibilità di esposizioni a livelli più alti per più brevi periodi di quelli considerati.
4.  Dovrebbero essere forniti degli standard per l'esposizione "total body” e degli altri per quella "partial body" (in genere sono riportati solo i  primi).
5.  Dovranno essere presentati degli standard specifici per ogni opportuno range di frequenze. Gli standard che verranno presentati sono  relativi ad un intervallo che va da 300 KHz a 300 GHz perché fanno riferimento ad un limite sulla densità di potenza (difficilmente utilizzabile per quantificare  l'interazione tra sorgente a 100 KHz e soggetto che sarà irradiato solo  se   in campo vicino), allora si dovranno fornire, nello standard relativo a basse frequenze, dei limiti su campo elettrico e magnetico (eventualmente su una potenza equivalente).

Nelle moderne normative si tiene conto degli ultimi due punti con le seguenti scelte:
4a. Vengono forniti limiti standard di SAR complessivo e di SAR per un  volume limitato di tessuto, ad esempio sono espressi  massimi  livelli  di SAR tollerabile per grammo di tessuto (si tiene conto di possibili “hot spot").
5a. Tutti i limiti fanno riferimento ad un'unica variabile primaria: il SAR.

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5.4 Introduzione storica

Per vedere come vengono fissate le normative analizziamo l’aspetto metodologico e cronologico.
Le uniche due grosse correnti che si occuparono delle normative furono quella americana e quella russa.
Nel 1953 si fece il primo convegno nel Maryland, per fissare i limiti di sicurezza. e, sin da allora, si seguì un approccio di tipo metodologico-scientifico basato sulle reazioni dell’organismo esposto a fonti di calore. In Russia, invece, l’approccio fu di tipo epidemiologico: si intervistavano lavoratori sottoposti ad onde EM e si stabiliva come limite quello al di sotto del quale le persone non avevano alterazioni.  Questo spiega perché la differenza tra le due normative era di un fattore 1000 (ovviamente la più permissiva era la normativa americana.

Proprio perché i metodi di analisi seguiti sono diversi, sono stati stabiliti tre diversi livelli di approccio  per poterli classificare:
1. Viene fissato il livello di sicurezza in corrispondenza al quale non si presenta alcuna possibilità di avere degli effetti.
2.  Si rilevano degli effetti, ma non creano alterazioni funzionali dell’organismo.
3.  L’esposizione provoca  una possibile situazione di stress, ma entro limiti che possono essere compensati dal sistema termoregolatorio.

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